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Quanto vale la vita di un profugo? – Recensione di “Io sono confine” (Shahram Khosravi, 2019)

La depoliticizzazione che porta alla deumanizzazione

Shahram Khosravi è un antropologo iraniano, originario del Bakhtiari. In «Io sono confine» narra la sua esperienza di migrazione illegale per sfuggire alla sanguinosa guerra contro l’Iraq, in atto dal 1980. Mediante una serie di concause e vicissitudini riesce a raggiungere la Svezia laddove oggi è antropologo sociale all’università di Stoccolma. Auto-narrazione e ricerca etnografica s’incontrano: Khosravi, oltre alla propria, riporta le testimonianze di molti che si sono trovati nella sua stessa condizione di clandestinità. S’interroga sul significato profondo di confine nella sua accezione immaginaria ancor prima che fisica.

“Le frontiere sono progettate per causare sofferenza. (…) Il filo spinato per lacerare la carne di chi cerca di scavalcarlo. I muri sono alti proprio per massimizzare i danni della caduta”.

Quant’anche un clandestino riuscisse a superare tutto ciò, il pericolo di aggressione e stupro da parte delle guardie di confine è sempre in agguato. Lo stupro è prassi ricorrente per oltrepassare i confini. Il fenomeno riguarda anche gli uomini ma le donne sono le vittime maggiori. Lo stupro di frontiera riflette la gerarchia di classe e di genere. I profughi non hanno alcuna protezione da parte della legge perché sono al di fuori dalla legge.

“I profughi rappresentano un’anomalia nel sistema dello stato-nazione. (…) “I campi profughi sono esterni sia in senso spaziale, sia in senso temporale; sono posti all’esterno del mondo ordinario. Sono spazi ma non sono luoghi. Anche quelli che esistono da decenni (…) e ospitano migliaia di persone (…) non sono contemplati sulle mappe della nazione”.

Appena i migranti arrivano nei campi profughi viene messo in atto “un processo di profughizzazione”: vengono addestrati a divenire vittime, a spersonalizzarsi. Essendo umani depoliticizzati, non detentori di diritti, gli stupri non vengono condannati.

I confini vengono tracciati dallo Stato-nazione che coniuga territorio e ordine politico mediante regole che trasformano la vita biologica in vita politica. In altri termini, nello Stato-nazione si passa da essere umano a essere umano politicizzato.

Umanità sacrificabile

Solo se si è parte di un ordine politico i diritti umani si possono realizzare. Coloro che sono esterni a tale contesto costituiscono un eccesso pertanto sono sacrificabili. Bauman ne parla in Vite di scarto: l’umanità fuori dal sistema di produzione economica viene considerata senza valore.

Nelle società statali contemporanee vige il contraddittorio sodalizio tra pratiche neoliberali (che considerano il valore umano sul piano economico) e i diritti umani universali. Da ciò scaturisce che ogni vita umana ha valore, ma il valore è dettato dal posto che essa occupa nella gerarchizzazione economico-sociale: in nuce, la vita di coloro che producono e consumano di più “è più importante” della vita di tanti profughi morti nel Mediterraneo.

I confini tracciano differenze, radicano pregiudizi. Le ideologie di classe gerarchizzano il valore delle vite. Solo quando la Terra verrà compresa quale patria di tutti e di ognuno senza distinzioni territoriali che garantiscano la preminenza di diritti a favore degli uni, a discapito degli altri, solo allora sarà possibile l’incontro fraterno con l’altro da noi, che altro non è che noi stessi.

© IL QUOTIDIANO ONLINE – 2021 RIPRODUZIONE RISERVATA

di Sergio Claudini

Classe 2000. Dopo aver conseguito la maturità classica al Liceo Classico “G. B. Vico” di Nocera Inferiore, nel 2019 si iscrive alla facoltà di “Scienze dei Beni Culturali”, indirizzo archeologico, all’Università degli Studi di Salerno. L’amore verso l’arte e la bellezza in generale, lo ha spinto fin dai banchi del liceo a coltivare diverse passioni, prime fra tutte la lettura, la scrittura e il teatro. Muove i primi passi nel campo dell’attivismo studentesco, entrando a far parte del collettivo “Nessun Esclus”. Inizia ad occuparsi dell’organizzazione di eventi per sensibilizzare sulla discriminazione di genere, ma anche manifestazioni studentesche e proteste ambientaliste, tra cui quelle organizzate da “Fridays For Future”. Un laboratorio che lo ha condotto verso nuove realtà associative, tra cui, l’associazione “Ridiamo vita al castello”. Coniuga gli impegni scolastici con quelli associativi, cavalcando l’onda di una crescente passione che tuttora lo alimenta e gli dà la grinta necessaria per indignarsi e provare a cambiare alcuni aspetti della realtà che lo circonda. Per lui, i sogni non vanno depositati sottochiave in un cassetto, anzi, devono essere realizzati. Curerà la rubrica “Noi siamo Tempesta: parola ai 2000”

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