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Tomba del Tuffatore di Paestum: dalla vita alla morte in un tuffo

È il 3 giugno 1968 quando Mario Napoli, nel corso di una campagna di scavi nei pressi della colonia greca di Poseidonia, a cui i Romani diedero il nome di Paestum, riporta alla luce una delle più alte testimonianze dell’arte funeraria della Magna Grecia: la Tomba del Tuffatore.

Ricomposta nell’ultima sala del Museo Archeologico Nazionale di Paestum, si tratta di una tomba a cassa, sepoltura per un giovane uomo, accompagnato da un piccolo corredo funerario costituito da tre lekythos attica a figure nere ed i resti di una lira.

Cinque sono le lastre in marmo travertino che caratterizzano la Tomba del Tuffatore: quattro che rivestono le pareti interne della tomba e che rappresentano le scene di un simposio ed una lastra di copertura, chiave di lettura per l’intera collezione pestana.

Questa tomba prende il nome proprio dalla raffigurazione posta sulla lastra di copertura dove si scorge una scenografia molto semplice caratterizzata da due alberi secchi e dell’acqua nella quale sta per tuffarsi un giovane. Il giovane è rappresentato nell’atto di tuffarsi da un pilone di pietra, rappresentazione probabile di una delle colonne d’Ercole, verso l’ignoto.

Su ciascuno dei lati si scorgono tre triclini e cinque commensali: su quattro dei sei letti ci sono delle coppie, mentre su due ci sono due soggetti singoli con in mano una coppa. Si può notare che uno degli uomini tiene la coppa in una posizione anomala, poiché sta giocando al kottabos, un gioco tipico dei simposi che consisteva nel lanciare un po’ del vino rimasto nella coppa in modo da centrare la coppa dell’altro.

L’altro personaggio solitario, invece, sembra porgere la lira a qualcuno. L’ipotesi è che il convitato stia porgendo lo strumento a qualcuno che non è ancora giunto, molto probabilmente il defunto stesso.

Sui lati corti della Tomba del Tuffatore troviamo da una parte una sorta di processione a cui prendono parte una suonatrice, un giovane ed un uomo adulto, mentre dall’altra un tavolo con un contenitore nel quale viene preparato il vino per il simposio ed un uomo che si accinge a prendere la bevanda.

Con uno sguardo d’insieme della Tomba viene da chiedersi quale sia il filo conduttore tra le varie rappresentazioni. Tra le diverse interpretazioni, quella di maggiore successo è quella che vede il tuffo come metafora del passaggio dalla vita alla morte.

Soffermandosi sulle immagini presenti su questa tomba, si è attirati da un fascino ambiguo che porta a riflettere su se stessi, sulla vita e su quale sia il senso di essa : un intervallo tra due nulla in cui ogni cosa passa, ma sta a noi farla rimanere eterna.

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di Marianna Sorrentino

Classe '92. Divoratrice di libri e grafomane sin dalla tenera età. Classicista per formazione e per vocazione. Ama scoprire ed interessarsi a qualsiasi cosa riguardi la Letteratura, l’Arte ed i Mezzi Comunicativi. È un insieme di paradossi. Vulcanica, Riflessiva, ma anche Impulsiva. L'ironia ed il sarcasmo con cui “castigat ridendo mores” sono impressi nel suo DNA ed ama usarli per esprimere le sue idee rendendole leggere, ma nello stesso tempo pungenti. Curerà la rubrica “Ante Litteram”

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