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Conversazione con Fabio Mazzari, l’attore che ha portato il Teatro ovunque, ma sempre nel cuore

 “Fare l’attore non è apparire: è raccontare, esprimere, essere”

Fabio Mazzari, attore, regista e doppiatore.  

Grande attore di teatro, cinema e televisione, nonché doppiatore e regista, Fabio Mazzari ha incominciato a diventare chi è oggi nel fatidico anno 1968: in alternativa alla politica, allora tema dominante, si iscrisse al Teatro Universitario di Bologna, sua città natale.

Da allora la carriera ha proseguito e l’ha portato a diventare, oltre che il mitico ed iconico Alfio Gherardi della popolarissima soap opera Vivere, quel grande professionista che ancora oggi sale e scende dai palcoscenici d’Italia.  

Quando hai sentito il sacro fuoco dell’Arte?

«Da mamma ho ereditato una certa vena istrionica. Faceva la maestra e possedeva un certo carisma».

Raccontami a proposito delle prime esperienze artistiche bolognesi.

«Iniziai a fare l’aiuto regista, perché mi interessava la messinscena, il veder crescere un testo e prendere forma. Tuttavia, in seguito mi son reso conto che me la cavavo a fare l’attore e ho continuato, perciò, a fare l’attore».

E la regia poi l’hai abbandonata del tutto?

«Negli anni ho sempre cercato di mantenere dentro di me questa corsia, questo ‘sole dentro’. Con la regia non ho mai voluto imporre una visione, ma è stata sempre per me un’opportunità, in quanto da attore quale sono conosco le emozioni di ogni singolo attore prima di andare in scena: è così che scatta questo meccanismo di solidarietà. So cosa voglia dire per un interprete tutto questo».   

Parlami di ZAZIE.

«Fu mia moglie a conferire questo nome ad uno spazio ricreativo e culturale di Milano, dandogli immediatamente un’anima femminile (ride). Questa sala doveva essere il suo laboratorio artigianale, era un’ex officina. Le chiesi se avessi potuto usufruirne io di quest’ambiente e mi regalò ZAZIE. Così, ebbi la possibilità di ospitare piccoli gruppi che non avevano casa, in modo da dare loro una piccola vetrina, anche se per pochi giorni. Poi, ho allestito anche un mio spettacolo in questo spazio».

Molto lodevole, solidale ed interculturale il tuo approccio all’Arte, complimenti!

«Grazie, grazie. Pensa che molti giovani mi dicevano che preferivano assistere a spettacoli in questo spazio piuttosto che a teatro, dove, a detta loro, ‘sembrava di assistere a una messa’».

Al di là di quest’esperienza di teatro sociale, tu sei attivo nell’ambito di Cinema Sociale99: è un’esperienza analoga?

«Contenuti, progetti, soggetti e sceneggiature in questa bella realtà di cui faccio parte vanno tutti nella direzione richiamata sin dal suo nome. Si sta lavorando per trovare i fondi necessari, affinché possano essere messi in campo questi nobili progetti».

Sei molto legato a Cechov come drammaturgo. Secondo te le sue opere quale apporto possono dare oggi a chi studia recitazione?

«È l’autore del mio cuore. È il signore dei mezzi toni, del sottotono. I suoi personaggi hanno un garbo malinconico, rassegnato quasi, crepuscolare. Cechov chiedendo, insegna agli attori a recitare non sopra le righe, ma sotto le righe, con umiltà. Cechov è fondamentale per imparare ad interiorizzare. Un’altra bella lezione sua è che nelle sue opere non ci sono eroi, ma solo sconfitti».

Passando al mondo delle soap opere, hai conferito grande dignità in Vivere ad un genere spesso sottovalutato. Raccontami l’esperienza di Fabio alias Alfio.

«Negli USA gli attori delle soap non hanno barriere, e quindi molti attori importanti provengono lì da quel mondo. Purtroppo in Italia c’è quest’ottica sbagliata per cui le soap sono da considerare di serie B e con esse chi vi recita. Io che seguo il calcio so che in serie B ci sono dei bravissimi calciatori (ride) e delle bellissime squadre. Sono molto legato al personaggio di Alfio Gherardi di ‘Vivere’, anche perché mi ha dato una certa popolarità. Entrambi abbiamo lottato da un punto di vista professionale. Ho amato molto Alfio Gherardi, anche perché era molto amato dal pubblico.  Avevamo in comune una certa lealtà e serietà, anche se lui era più serioso di me, mentre io sono più burlone. Ha dedicato la propria esistenza alla famiglia. Ed è un po’ quel che ho fatto anch’io».

Molto toccante questa correlazione, ti ringrazio per gli spunti di riflessione davvero profondi e non privi d’ironia!

«Grazie a te Christian, ti abbraccio».

Le fotografie sono state fornite alla redazione dall’attore in persona.

Per saperne di più sulla conversazione, guardate queste due clip ai link in basso!  

https://youtu.be/8SxAo2TI0r4

https://fb.watch/dMpqaBID7r/

© IL QUOTIDIANO ONLINE • 2022 RIPRODUZIONE RISERVATA

di Christian Liguori

Classe '97, storico dell'arte e docente laureato in Archeologia e Storia dell'Arte all’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dopo aver pubblicato il libro “Paolo Barca e la frantumazione della logica cerebrale umana”, un saggio di cinema sul regista Mogherini, ha maturato esperienze in svariati campi: dalla pubblicazione di articoli per un blog e una redazione online, a quella di filmati su YouTube e pagine Facebook; dalla partecipazione come interprete in spettacoli teatrali e cortometraggi, all’attivismo associativo per la cultura e l’ambiente. Già conduttore web-televisivo e radiofonico, è da sempre specializzato in recensioni di film. Curerà le rubriche "Le conversazioni di Liguori" e “Il Cinema secondo Liguori”.

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