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Conversazione con Vincenzo Armini, il tecnologo che combatte la malnutrizione africana con una crema alimentare

«In Africa ti senti in balìa della natura» – Vincenzo Armini, tecnologo alimentare

Vincenzo Armini è un coraggioso tecnologo alimentare campano che ha inventato un sistema per combattere la malnutrizione africana, in particolare quella dell’Uganda.

Laureato alla triennale in Tecnologie Alimentari e alla magistrale in Scienze e Tecnologie Alimentari presso l’Università Federico II, ha frequentato il corso di dottorato in Scienze Agrarie e Agroalimentari ed attualmente insegna Scienze degli Alimenti in un Istituto Alberghiero.

L’esperienza in Africa durante il dottorato presso l’Università di Gulu (Uganda) l’ha particolarmente segnato, cosicché ha deciso di mettere a punto un impianto pilota che ha rivoluzionato il sistema alimentare di quella nazione molto povera.

Inoltre, è volontario di Croce Rossa da una decina d’anni.

Cosa significa essere un tecnologo alimentare?

«È una figura professionale recente, esiste da circa vent’anni. Si occupa di molteplici aspetti, che vanno dal consumo degli alimenti al trasporto degli alimenti, sino alla manipolazione degli stessi. È un lavoro che consiste nell’occuparsi di controllo qualità degli alimenti e di progettazione di nuovi trattamenti e nuove tipologie di manipolazione del cibo».

Quale consapevolezza ti ha spinto a dedicarti al tuo progetto per combattere la malnutrizione ugandese?

«Sicuramente da un lato quella di voler fornire a determinate realtà in difficoltà uno strumento che possa dare una mano nel tamponare e nel cercare di limitare gli effetti negativi della malnutrizione infantile. Dall’altro lato, avere coscienza emotivamente di quelle problematiche mi ha dato la possibilità di rafforzare la determinazione, la motivazione nel portare avanti questo progetto nonostante le mille difficoltà che ho dovuto affrontare».

Questo prodotto, frutto di questo progetto sperimentale ma ben riuscito, che sapore ha?

«Ha la stessa dolcezza del burro di arachidi, ma per certi versi è anche molto simile alle creme spalmabili a base di nocciola. È una crema alimentare che si spreme direttamente in bocca».

Cos’è Nutri Africa?

«È un’organizzazione di volontariato che ho messo in piedi, coinvolgendo amici, colleghi universitari e altre persone conosciute nell’ambito dell’associazionismo. L’obiettivo è la raccolta fondi per finanziare la costruzione dell’impianto pilota che ho ideato. Nonostante la pandemia, siamo arrivati ai tanto aspirati 50000 euro. Il nostro obiettivo non è finalizzato comunque solo alla realizzazione del prodotto in sé anche in loco, ma è anche quello di consegnare una tecnologia dinamica, elastica e scalabile che permetta di poter adattare quella stessa tecnologia al singolo territorio e alle singole esigenze di quel territorio».

Dal Calendario Atlante DeAgostini 2022 si legge: “L’Uganda sta investendo nel sostegno alle esportazioni e tramite finanziatori esteri, in particolare cinesi, nel miglioramento delle infrastrutture”. Secondo te è tutto vero quel che è stato scritto qui? Può davvero aiutare questo tipo di investimenti?

«Bisogna riflettere sul perché ci siano in Africa, dato che la cosa non riguarda solo strettamente l’Uganda, questi investimenti da parte di Paesi terzi. Ho notato in prima persona che in Uganda stanno costruendo principalmente strade a scorrimento veloce paragonabili alle nostre statali. Queste operazioni servono a movimentare merci piuttosto che persone, poiché si comprano terreni per produrre beni che poi vengono esportati a un prezzo più basso. Tuttavia, quelle strade le persone povere non le possono percorrere, e continueranno così a restare nello status economico-sociale in cui si trovano. Anzi, diventeranno ancora più povere, perché depredate della terra non avranno neanche più a disposizione lo stesso quantitativo di terra che avevano prima. Fortunatamente, devo dire che negli ultimi anni si è raggiunta una stabilizzazione della malnutrizione, anche se la sussistenza di cui vivono tanti ugandesi è molto molto precaria…».

Tu sei un uomo dell’Occidente che è andato in Africa ed è ritornato, pur continuandoci ad andare. Che effetto ti fa ora l’Europa alla vista dell’Africa, all’insegna delle esperienze di realtà non tanto facili che hai potuto constatare e toccare con mano?

«In Africa vi è un’inversione dei rapporti di forza tra l’uomo e la natura. In Occidente si ha una percezione fallace: che l’uomo possa avere un ruolo predominante rispetto alle forze della natura. In Africa, invece, questo rapporto lo senti invertito sulla tua pelle con una forza ed una prepotenza davvero sconvolgenti!».

L’Africa ci insegna ad avere paura della natura, e ad amarla di più. Complimenti per tutto ciò che hai fatto e farai, in bocca al lupo!

«Esattamente. Grazie e viva il lupo!».

Grazie ancora a Vincenzo Armini per le fotografie donateci dal suo profilo Facebook.     

© IL QUOTIDIANO ONLINE • 2022 RIPRODUZIONE RISERVATA

di Christian Liguori

Classe '97, storico dell'arte e docente laureato in Archeologia e Storia dell'Arte all’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dopo aver pubblicato il libro “Paolo Barca e la frantumazione della logica cerebrale umana”, un saggio di cinema sul regista Mogherini, ha maturato esperienze in svariati campi: dalla pubblicazione di articoli per un blog e una redazione online, a quella di filmati su YouTube e pagine Facebook; dalla partecipazione come interprete in spettacoli teatrali e cortometraggi, all’attivismo associativo per la cultura e l’ambiente. Già conduttore web-televisivo e radiofonico, è da sempre specializzato in recensioni di film. Curerà le rubriche "Le conversazioni di Liguori" e “Il Cinema secondo Liguori”.

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