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Quella sorgente che approvvigiona l’acquedotto più lungo d’Europa

Dalle pendici del Monte Paflagone e fino al Mar Tirreno per 64 km, confine naturale alla sua foce tra i Comuni di Capaccio ed Eboli, il Fiume Sele, secondo del Mezzogiorno, dopo il Volturno, per lunghezza, ha da sempre ricoperto un ruolo considerevole nella vita dei popoli che nutriva e dissetava con le sue acque limpide.

Non poche antiche testimonianze raccontano di un fiume che trasformava in pietra tutto ciò che vi si immergesse: in effetti, questo avveniva per l’immissione, in un tratto del fiume, di acque sulfuree e calcaree che favorivano fenomeni di mineralizzazione. 

In ogni caso il Fiume Sele ha continuato a stupire, riuscendo a unire tre regioni d’Italia senza effettivamente accarezzarle tutte col suo letto naturale e a risolvere il problema dell’approvvigionamento idrico nell’arida Puglia. Ma andiamo con ordine.

Tutto inizia a Caposele (dal latino “caput Silaris”, appunto), nella verde Irpinia, dove la scoperta di una stele dedicata al dio romano Silvano, divinità dei boschi e della campagna, mostra un territorio già dall’antichità vicino alla natura e dedito alla convivenza con essa. Il Sele, infatti, provvedette fino agli inizi del Novecento anche al sostentamento economico del territorio: la forza idrica alimentò mulini e gualchiere, fornendo la possibilità di creare un’economia basata sulla lavorazione del grano e della lana.

Attorno al corso d’acqua, il parco fluviale in cui è possibile rilassarsi, passeggiare e rinfrescarsi, accoglie il visitatore e racconta uno dei tanti volti di Caposele. Seguendo il richiamo primigenio dell’acqua, però, non si può non arrivare alla sorgente Sanità, da cui si approvvigiona l’Acquedotto Pugliese: una struttura unica in Europa coi suoi 384 km, accompagnata e seguita per tutto il tragitto dalla ciclovia dell’acqua, un percorso cicloturistico di ben 500 km.

Il primo a proporre la captazione delle acque del Sele a favore della regione del Tavoliere fu, nell’Ottocento, l’Ing. Camillo Rosalba, ma, a causa di ritardi e sospensioni, i lavori cominciarono effettivamente nel 1906, causando lo spostamento di parte dell’abitato caposelese. L’acqua zampillò a Bari per la prima volta il 24 aprile del 1915 e a Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce, nel 1938: l’acquedotto era finalmente terminato.

Oggi a Caposele è possibile visitare, presso Piazza Sanità, le infrastrutture dell’acquedotto con gli impianti di captazione e le chiuse originarie del 1909 ancora funzionanti. Si tratta di una finestra sulla forza, generatrice e potenzialmente distruttrice, dell’acqua (il Sele raggiunge una portata di circa 4000 l/s in media) a rappresentare il vigore della natura che si lascia addestrare dall’intervento dell’uomo che rispetta le sue leggi: l’acqua sgorgata in questo momento arriverà a Santa Maria di Leuca in cinque giorni sfruttando le naturali pendenze e senza dunque l’utilizzo di energia.

Somma, d’uve feconda, allor deserta,
ed Ischia, e Capri che Tiberio ascose,
parve restarsi, e l’umil Cava e l’erta
costa d’Amalfi, e le sue rupi ombrose.
Quivi insieme venía la gente esperta
dal suol ch’abonda di vermiglie rose;
lá ‘ve (come si narra) e rami e fronde
Silaro impètra con mirabil’ onde.

Torquato Tasso

Non perdetevi il prossimo articolo per scoprire altre curiosità su questa deliziosa cittadina irpina.

Le foto sono a cura dell’Assessorato al Turismo del Comune di Caposele.

Alcune informazioni sono state riprese da www.comune.caposele.av.it e da www.visitcaposele.it.
Per informazioni turistiche si consiglia di visitare il sito www.visitcaposele.it.

Si ringraziano per la collaborazione Mirko Castagno e il Forum dei Giovani di Caposele.

© IL QUOTIDIANO ONLINE 2023 RIPRODUZIONE RISERVATA

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