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Se ne va l’ultima regista intellettuale di un’Italia già morta intellettualmente: addio a Lina Wertmüller

Oggi è un giorno triste per un Paese come l’Italia: già morta intellettualmente, la nostra nazione piange adesso anche l’ultima grande regista intelligente, saggia ed ironica del nostro cinema, l’ultima immensa regista italiana internazionale.

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Classe 1928 e Oscar alla Carriera, Lina Wermüller ha raccontato vizi e virtù del BelPaese, toccando e non la commedia all’italiana, sempre con uno stile tutto suo: non solo voce di donna, che alla direzione artistica cinematografica prima era cosa ancora più rara, ma voce di coraggio.

Voce documentarista sin dal suo esordio “I basilischi” (1963), ambientato in Lucania, ma sempre attenta a drammatizzare la realtà, affidandosi ad un interprete di spessore cresciuto anche grazie a lei: Giancarlo Giannini.

Vertice suo assoluto è stato il capolavoro “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’Agosto” del 1974: fu la massima esaltazione della coppia Giannini-Melato, due sex symbol degli anni Settanta, ma anche due menti eccezionali.

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Ma più di tutte Lina, che con questo film apparentemente politicizzato di sinistra ha voluto dimostrare quanto gli ideali possano essere solidi e precari nello stesso tempo, generando così un modello topico per molti lavori a venire.

Da allora, con film come “Pasqualino Settebellezze“, “Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada” e “Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odori di basilico” s’è fatta riconoscere per questi titoli lunghissimi ed esplicativi, frutto di lavori dall’ironia non facile ma studiata, per difendersi in primo luogo da una società malata di etichette e consuetudini.

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Che Lina ha saputo ampiamente illustrare denunciando, finendo poi per incontrare Eduardo con la rilettura di “Sabato, Domenica e Lunedì” e la Storia con “Ferdinando e Carolina“.

Oggi è un giorno triste poiché, parafrasando il titolo del suo film più poetico (“Io speriamo che me la cavo“, con Paolo Villaggio), il cinema italiano andrà sì avanti, ma non se la caverà mai abbastanza senza la più grande regista che ha raccontato il BelPaese in modo amaramente ironico.

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di Christian Liguori

Classe '97, storico dell'arte e docente laureato in Archeologia e Storia dell'Arte all’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dopo aver pubblicato il libro “Paolo Barca e la frantumazione della logica cerebrale umana”, un saggio di cinema sul regista Mogherini, ha maturato esperienze in svariati campi: dalla pubblicazione di articoli per un blog e una redazione online, a quella di filmati su YouTube e pagine Facebook; dalla partecipazione come interprete in spettacoli teatrali e cortometraggi, all’attivismo associativo per la cultura e l’ambiente. Già conduttore web-televisivo e radiofonico, è da sempre specializzato in recensioni di film. Curerà le rubriche "Le conversazioni di Liguori" e “Il Cinema secondo Liguori”.

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