In Italia esiste una parità di trattamento e di opportunità tra uomo e donna?
Secondo le statistiche del Global Gender Gap Report, documento redatto dal World Economic Forum, l’Italia è 44° nel mondo in quanto a ruolo delle donne in politica, 30° per la quota di donne in Parlamento, scende al 118° posto per opportunità e partecipazione economica e centoventicinquesimo per parità retributiva con gli uomini.
Le problematiche sono legate a stereotipi, pregiudizi, presenzialismo imposto, distribuzione diseguale del lavoro domestico e mancanza di un adeguato sistema di welfare, che consentirebbe alle donne di conciliare i tempi di vita con i tempi del lavoro e della partecipazione attiva alla vita sociale. L’adozione di politiche di welfare supportata da ingenti investimenti nelle infrastrutture sociali comporterebbe un impatto positivo sulla partecipazione delle donne alla vita economica e sociale.
L’introduzione della “quota di genere”
L’unica azione messa in campo con il fine di aumentare il numero delle donne nelle cariche elettive è la cosiddetta “quota di genere”, introdotta nel 1993 dal Governo Amato I. Questi sforzi, basati allora come oggi su liste alternate e quote numeriche, vennero vanificati due anni dopo dalla sentenza di illegittimità emanata dalla Corte Costituzionale. L’uguaglianza politica, garantita dagli articoli 3 e 51 della Costituzione, era intesa fino ad allora in modo teorico e non come obiettivo concreto da raggiungere. Nel 2003, l’illegittimità viene corretta tramite una legge costituzionale che esplicita il dovere della Repubblica di promuovere, e non più solo garantire, con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. Vengono quindi riconosciuti gli ostacoli sociali e strutturali che impediscono un paritario accesso delle donne alle cariche politiche. Da allora, non senza polemiche e accuse, le quote di genere sono state re-introdotte nel 2004 a livello europeo e nel 2012 a livello nazionale. Un’azione discutibile in quanto rispecchia una società in cui viene tutelata la presenza femminile, che dovrebbe essere scontata, con l’introduzione delle “quote di genere” piuttosto che la competenza, l’esperienza e la conoscenza che dovrebbero essere i reali parametri di differenziazione tra i nostri rappresentanti.
I giovani competenti al servizio della società
In un contesto in forte evoluzione, è opportuno che le donne e in generale tutti i giovani siano promotori di un possibile cambiamento futuro attraverso l’impegno nel lavoro e nella politica, mettendo a disposizione della società le proprie competenze. Dall’altro lato, è opportuno che anche la società, nel momento in cui viene chiamata a decidere le sorti del Paese, si svincoli dal voto di scambio per favorire un vero cambiamento rimettendosi a persone competenti che potrebbero portare un valore aggiunto al Paese e non favori personali.
Mettersi in gioco per una società migliore e collaborativa
Nel 2021 è importante che la società consenta alle donne di potersi realizzare sia nell’ambito familiare che lavorativo e politico poiché nulla esclude l’altro ma possono e devono essere complementari per una realizzazione personale.
Per porre le basi per una società migliore è fondamentale conoscere se stessi avendo l’intelligenza di comprendere i propri limiti e di valorizzare i propri pregi con il fine di porre le basi per una collaborazione tra più parti che hanno uno scopo comune, identificabile con il bene della collettività. Ciò può avvenire solo attraverso la voglia di mettersi in gioco, una formazione continua e un percorso di crescita basato sul confronto e sul rispetto.
Sognare, chiacchierare e scrivere sui social è facile e possono farlo tutti, ma sono le nostre azioni, la nostra “fame” e il nostro impegno costante, quotidiano e mirato al raggiungimento di un obiettivo che ci distinguono e che dovrebbe essere riconosciuto dalla società.
Bisogna essere il cambiamento che si vuole vedere nel mondo e non essere spettatori passivi e critici.
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