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Il cervello trino: il fascino di una teoria messa in discussione negli ultimi anni

Ti è mai capitato a volte di prendere decisioni senza ragionare e senza esserne cosciente? Oppure, ti è mai capitato di sperimentare uno stato di ansia talmente forte da non riuscire a mantenere la calma?

È difficile spiegare come, a volte, tutto ciò che pensiamo può non essere frutto di un processo cognitivo. Paul Donald MacLean negli anni ’70 del secolo scorso ha provato a spiegare cosa accade in questi casi; per farlo ha ideato la teoria del cervello trino, o cervello tripartito, partendo dal fatto che il cervello umano nel corso dei millenni abbia subito diverse evoluzioni. Secondo lo neuroscienziato statunitense, quindi, il cervello sarebbe composto da tre parti che sono in costante comunicazione tra loro, ognuno delle quali con un compito ben specifico.

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La ripartizione del cervello secondo MacLean

È da premettere però che già Aristotele, con i concetti di  pathos, ethos e logos (sofferenza, comportamento e ragionamento) aveva intuito questa tripartizione con 2000 anni di anticipo.

Tornando a noi, la prima parte del cervello è il “cervello corticale” (ciò che viene definita neo-corteccia) ed è lo strato più esterno del cervello, formatosi in tempi recenti. È la parte di corteccia usata nei processi superiori, quali memoria, il pensiero, la coscienza ed il linguaggio. In questa zona troviamo anche funzionalità logiche, razionali, deduttive e induttive del comportamento umano. Usiamo questa parte di cervello nel ragionamento e nelle discussioni.

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Il cervello corticale viene usato nei nostri processi di pensiero

La  seconda parte del cervello è il “cervello limbico”, che si sarebbe formato prima del cervello corticale. In questa zona ci occupa di ciò che si riferisce alla nostra vita sentimentale ed emotiva e risiedono qui le nostre emozioni e i nostri affetti. Usiamo questa parte di cervello quando prendiamo una decisione ragionando “con il cuore”, affidandoci alle nostre emozioni.

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Il cervello limbico controlla il nostro aspetto sentimentale

La terza parte del cervello, la più antica, è il “cervello rettiliano”, chiamato così perché sarebbe la parte di cervello che abbiamo in comune con i rettili. Questa parte di cervello ci riconduce allo stato primordiale dell’uomo, ed è la sede dei nostri istinti e dei nostri riflessi, governa i nostri bisogni, come ad esempio la fame, la sete e la sessualità.

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Ecco spiegato perciò il motivo per cui le pubblicità degli anni ’80 facevano spesso leva su seni, cosce e sederi, usati quasi a stimolare il cervello rettiliano per spingersi a fare acquisti a volte non voluti.

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Megane Gale e uno degli spot più famosi dei primi anni 2000

Inoltre, quando ad esempio siamo in ansia, ecco che i primi due strati del sistema si disattivano in favore di quello rettiliano, ragion per cui a volte non riusciamo a calmarci quando siamo in uno stato di agitazione.

Secondo MacLean i tre cervelli operano come “tre computer biologici interconnessi, ciascuno dei quali funziona con la sua ‘Intelligenza speciale’, la sua soggettività, il suo senso del tempo e dello spazio, la sua memoria“. I tre cervelli quindi lavorano “alla pari”, mentre secondo le teorie precedenti il cervello era organizzato in modo gerarchico, con la neocorteccia che governava gli strati primordiali dell’encefalo.

Sebbene questa teoria conservi il suo fascino, da qualche anno è stata messa in discussione. Nel 2008 in un articolo pubblicato dalla rivista scientifica dell’università di Yale, Peter Farley sostiene che questa teoria sia superata. Anche nel 2015 è stato presentato da Kossylin e Miller un modello che metteva in discussione il modello tripartito.

In particolare, secondo le nuove teorie, sarebbe presente la neocorteccia anche nel cervello di alcuni rettili e insetti; questa scoperta quindi farebbe perdere di credibilità alla teoria di MacLean.

Nel complesso possiamo dire che questa teoria ha goduto (e gode tutt’ora) di un successo importante, in quanto è data per valida in alcuni articoli di neuromarketing ancora oggi, anche se sia stata messa da parte dalle neuroscienze.

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di Antonio Siani

Classe '89, psicologo-psicoterapeuta, vive a Castel San Giorgio. Appassionato (non praticante) di sport, in particolare di calcio, nutre interessi anche per la lettura e per la musica. Dopo essersi diplomato presso il Liceo Scientifico “N. Sensale" di Nocera Inferiore, si iscrive alla facoltà di “Psicologia” dell’allora Seconda Università degli Studi di Napoli. Dopo essersi laureato, svolge diversi tirocini, tra cui, al Servizio Dipendenze di Cava de Tirreni, al Distretto di Salute Mentale di Nocera Inferiore e presso il Servizio di Psichiatria del nosocomio nocerino “Umberto I”. È durante queste esperienze che ha potuto conoscere le problematiche e i bisogni del territorio in cui vive. In seguito, si è occupato di formazione e di insegnamento, dando spazio anche ai campi estivi per bambini e ragazzi, esperienza che gli ha permesso una crescita non solo professionale ma anche e soprattutto umana. Attualmente si occupa di Disturbi dell’Apprendimento, Disturbi d’ansia, disturbi depressivi e autismo, oltre ad essere consulente psicoterapeuta presso una RSA della zona. Curerà la rubrica “ApertaMente”

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Un commento

  1. Articolo interessante. Capisco quanto sia difficile controllare l’ansia se la parte del cervello razionale è disattivata. Bel lavoro per gli psicologi

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