In questo tempo gravido di sofferenza sentiamo tutti il bisogno della “cura”. La parola cura viene comunemente usata in campo medico per identificare il mezzo con cui alleviare o guarire una malattia. La cura non esclude ricadute e tentazioni nella malattia. Per questo non è sufficiente la cura del corpo. Abbiamo bisogno di una cura integrale. Il vaccino contro il virus curerà il nostro corpo ma non il nostro spirito. “La cura del prossimo è il vaccino del cuore“, dice Papa Francesco. Si sente la necessità di un’iniezione di umanità. Bisogna ricercare il contatto con il prossimo. La nostra esistenza non può dirsi piena se non ci siamo, almeno una volta, presi cura di qualcuno. Curare con l’amore e farsi trasportare dai sentimenti ci dà la possibilità di sentirci liberi dall’indifferenza e dalla paura, dalla diffidenza e dal buio.
L’ideale di città come luogo della pace
La storia di Don Virginio Colmegna, Presidente della Fondazione Casa della Carità A. Abriani e consigliere del Centro Ambrosiano di Solidarietà, incarna il senso profondo della cura che si manifesta in gesti concreti nelle periferie fisiche e esistenziali della città.
L’eroica missione di Don Colmegna è indissolubilmente legata alla città di Milano. La cura per i figli dimenticati dalla metropoli, è “l’ideale di città” che Don Colmegna con grande passione e sacrificio porta avanti dal 1993, quando il Cardinale Martini (arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002) lo volle fortemente alla guida della Caritas Ambrosiana, incarico che ha ricoperto fino al 2004 per poi dedicarsi a tempo pieno alla Casa della Carità.
La Casa della Carità situata nel quartiere Crescenzago di Milano è la cura integrale e l’ideale di città che ci fa pregustare la Gerusalemme Celeste. È il luogo della shalom (pace) dove la diversità di lingua, cultura ed estrazione sociale è considerata un valore. La struttura di via Brambilla è la casa di tutti, in cui si può progettare una città più giusta e a misura d’uomo. Tanti sfortunati che sono passati per la Casa della Carità hanno riacquisito la loro dignità e sono riusciti a dare un senso alla loro vita.
Don Virginio è riuscito a far diventare la Casa della Carità un’istituzione a Milano, non solo per l’impegno nel welfare, ma anche come polo culturale e ricreativo. Sin dall’inizio della sua fondazione tanti illustri personaggi sono passati da Crescenzago per dare una mano a Don Colmegna e ai suoi collaboratori, realizzando attività e iniziative di grande spessore artistico e formativo.
I diritti dei più deboli al centro dell’opera di Don Colmegna
Don Virginio si è sempre occupato di poveri ed emarginati, tra cui in particolare persone senza fissa dimora, minori disagiati, sofferenti psichici, immigrati, profughi, rom. Negli anni ha fondato diverse cooperative sociali e comunità di accoglienza, attivandosi sempre anche per affermare i diritti di cittadinanza dei più deboli, oltre che per diffondere la cultura dell’accoglienza, nella convinzione che chi è in difficoltà non vada aiutato con l’assistenzialismo, ma con promozione di diritti, dignità, percorsi di reinserimento sociale e lavorativo.
In circa 30 anni di attivismo ha dedicato la sua vita agli altri senza perdere l’ideale di città del Cardinal Martini. Questo singolare sacerdote non è solo un uomo d’azione ma anche della parola e vanta numerose pubblicazioni di carattere religioso, politico e civile.
Per scoprire di più sulla vita e le opere di Don Virginio Colmegna si consiglia la lettura della sua autobiografia dal titolo “Non per me solo” edito da Il Saggiatore e di seguire il suo blog nonpermesolo.home.blog.
Don Virginio è la chiesa che riesce ad affascinare!
«Non occorre necessariamente avere davanti agli occhi una città ideale, ma almeno un ideale di città. Una città fatta di relazioni umane responsabili e reciproche, che ci stanno dinanzi come un impegno etico. Allora la città diventa un’occasione, anzi, una miniera inesauribile di possibilità di intessere relazioni autentiche, sia con lo strumento del gesto costruttivo o propositivo, sia – e forse ancor più – con lo strumento del gesto dell’accettazione, dell’ospitalità, della riconciliazione e persino del perdono».
– Cardinale Carlo Maria Martini in “Verso Gerusalemme”
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