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Conversazione con Tony Palma, l’attore di teatro, cinema e tv che si definisce eclettico

«Mi definisco un attore molto eclettico»

Tony Palma, attore 

Napoletano doc. e attore di teatro, cinema e televisione, Antonio Palma in Arte Tony ha debuttato nella settima arte e nel mondo del palcoscenico negli anni Settanta, ma ha raggiunto grande popolarità per la sua significativa partecipazione nella fiction poliziesca di successo La squadra

Iniziando la sua carriera negli anni del boom dei generi poliziesco e poliziottesco nel cinema italiano, il suo destino era già scritto. 

Attivo anche nella realtà collettiva di Cinema Sociale (si ricorda la sua partecipazione al film Credo in un solo padre con Flavio Bucci), non disdegna un certo impegno in tematiche di grande sensibilità.   

Inoltre, è da oltre vent’anni che è consulente artistico e aiuto-regista della compagnia teatrale nazionale di Napoli Maurizio Merolla

Fatto di sangue tra due uomini per causa di una vedova (si sospettano moventi politici): solo Lina Wertmüller poteva intitolare i suoi film in modo così chilometrico. È stata una grande, e tu hai avuto la fortuna di lavorare in questa pellicola dal cast straordinario, annoverante Giancarlo Giannini, Sophia Loren e Marcello Mastroianni, tra i vari. Che ricordo hai? 

«È stata una bell’esperienza. Fu un piccolo cameo, ma significativo. Lina era amica di alcuni miei amici già militanti nel mondo dello spettacolo e degli eventi. L’avevo conosciuta quando facevo il giurato nei concorsi di bellezza, dove lei era ospite». 

Invece, per il Teatro?

«Negli anni Settanta conobbi in quel di Napoli un grande maestro purtroppo scomparso, Luciano Luisi. Mi notò in modo particolare, cosicché iniziai subito a recitare nei teatri più importanti della Campania, come il Bellini, il Diana, il Tasso. Lui non faceva un teatro napoletano, bensì fiabesco, esoterico, un po’ particolare. I suoi insegnamenti mi sono utili anche per scene di cinema. Sul palcoscenico devi essere in grado di fare tutto, dal parlare al gesticolare, in due metri. Nella settima arte riuscivo, pertanto, a stare perfettamente in regola con gli spazi che mi venivano assegnati. Questo ha fatto sì che i registi di cinema con cui ho lavorato se ne accorgessero davvero che io venivo dal teatro». 

Dunque, l’impostazione teatrale ti è servita al cinema? 

«Sui movimenti sì, per quanto riguarda le tonalità, invece, e quindi l’impostazione della voce, all’inizio ho avuto un po’ di difficoltà. Tuttavia, grazie al mio modo di recitare anche molto personale, i tempi e le pause teatrali li ho trasformati in caratterizzazioni, in caratteristica. Gli esperti, però, se ne accorgono che provengo dal teatro. Ed è un vantaggio, che mi ha permesso anche di spaziare nei ruoli, dal comico al drammatico». 

E l’avventura de La squadra, invece, come e quando è incominciata? 

«Fu un mio carissimo collega che mi spinse. Questa fiction la vedevano tutti in tutt’Italia. Piaceva anche al nord, pur essendo un lavoro partenopeo». 

Secondo te, a cosa era dovuto tutto questo successo?

«Agli ottimi attori di teatro che vi recitavano e alle scene reali, di vita, che possono accadere in qualsiasi grande città, non solo a Napoli». 

Ecco, il contatto con la realtà. Oggi sono tanti i critici che non lo ravvisano più nell’ambito del nostro cinema. Sei d’accordo?

«C’è, ma a correnti alternate. Negli ultimi tempi si può rintracciare un filone di storie di vita, sia nelle fiction che nei film italiani». 

A proposito di serie poliziesca, oltre a La squadra tu hai recitato in Total Security, di produzione USA. Mi piacerebbe conoscere le differenze tra due mondi poliziesco-cinematografici tanto diversi fra loro. 

«Lì è stata una simpatica partecipazione. Quell’esperienza straniera m’incuriosì, cosicché accettai di prenderne parte. Gli americani sono sempre più esplosivi di noi, che siamo, invece, più naturali di loro». 

Con Enzo Cannavale

Dopo La squadra che direzione hai preso?

«Mi stabilii a Roma, perché dovevo farmi conoscere, anche dalle agenzie di figurazione. Nella capitale sono nati anche impegni più importanti, come Il Grande Torino o Né con te né senza di te con Sabrina Ferilli, ambientato durante i moti del 1848. Oppure, Il resto di niente della De Lillo. Mi muovevo tra Roma Napoli. Mi viene in mente anche Vita, amore e destino di un grande Carlo Fumo. O ancora, Bartolo Longo, il Rosario e la Carità, quando ho interpretato un antiquario. Non posso lamentarmi: ho fatto tante cose…». 

Tra attori e attrici con cui hai avuto il piacere di lavorare insieme, mi dici con chi ti sei trovato meglio?

«Barbara De Rossi mi colpì. Perché è vera, è come la vedi, è naturale. Una donna verace». 

Secondo te, c’è e ci dev’essere un rapporto di subalternità della fiction rispetto al grande schermo, oppure film e fiction sono la stessa cosa e vanno messi sullo stesso piano? 

«Possono essere simili, ma dipende anche dal tipo di lavoro a volte. Non vedo queste grosse differenze. La fiction in televisione ti dà quella sensazione di essere perfetta rispetto a un film, il quale è più veloce e pratico». 

Tony, grazie per questa bella e simpatica chiacchierata! 

«Grazie a te carissimo!». 

Grazie ancora all’attore anche per averci fornito le foto. 

Per saperne di più, clicca ai due link sulla conversazione: 

https://fb.watch/iHtNp1peMw/

© IL QUOTIDIANO ONLINE • 2023 RIPRODUZIONE RISERVATA

di Christian Liguori

Classe '97, storico dell'arte e docente laureato in Archeologia e Storia dell'Arte all’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dopo aver pubblicato il libro “Paolo Barca e la frantumazione della logica cerebrale umana”, un saggio di cinema sul regista Mogherini, ha maturato esperienze in svariati campi: dalla pubblicazione di articoli per un blog e una redazione online, a quella di filmati su YouTube e pagine Facebook; dalla partecipazione come interprete in spettacoli teatrali e cortometraggi, all’attivismo associativo per la cultura e l’ambiente. Già conduttore web-televisivo e radiofonico, è da sempre specializzato in recensioni di film. Curerà le rubriche "Le conversazioni di Liguori" e “Il Cinema secondo Liguori”.

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