Negli ultimi anni, nel panorama scolastico italiano, si sta diffondendo un termine che fino a qualche tempo fa era quasi sconosciuto: DSA.
L’acronimo sta per Disturbi Specifici dell’Apprendimento e descrive in particolare un disturbo del neuro-sviluppo che si verifica in assenza di deficit cognitivi.
Individuazione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento
È possibile osservare un disturbo dell’apprendimento nei bambini che, pur in apparente assenza di anomalie dello sviluppo psico-motorio, giungono all’osservazione degli insegnanti o dei familiari, preoccupati dallo scarso rendimento a scuola, spesso accompagnato da problemi di autostima, disagio comportamentale, problemi di integrazione con il gruppo dei pari.
Già alla fine degli anni Ottanta, negli Stati Uniti, furono definiti i criteri per individuare i disturbi specifici dell’apprendimento; in particolare furono descritti come un gruppo di disordini che si manifestano con selettive e significative difficoltà nell’acquisizione e nell’uso di una specifica abilità (lettura, scrittura e calcolo).
Sulla base del deficit funzionale vengono comunemente distinte le seguenti condizioni cliniche: la dislessia, cioè disturbo nella lettura (intesa come abilità di decodifica del testo), la disortografia, cioè disturbo nella scrittura (intesa come abilità di codifica fonografica e competenza ortografica), la disgrafia, cioè disturbo nella grafia (intesa come abilità grafo-motoria) e la discalculia, cioè disturbo nelle abilità di numero e di calcolo (intese come capacità di comprendere e operare con i numeri).
È importante chiarire che i bambini con Disturbi Specifici dell’Apprendimento hanno un’intelligenza nella norma e/o superiore alla norma e sono in grado di cogliere gli elementi fondamentali di un discorso o di una situazione, ragionando in modo dinamico e creando connessioni inusuali che altri difficilmente riescono a sviluppare.
Alcuni segnali precoci di un disturbo di apprendimento possono essere presenti fin dalla scuola dell’infanzia, anche se la diagnosi di dislessia e disortografia può essere effettuata dalla fine del secondo anno della scuola primaria. È invece possibile redigere una diagnosi di discalculia alla fine del terzo anno della scuola primaria, anche se è bene precisare che un bambino che alla fine del primo anno della scuola primaria non è ancora in grado di leggere correttamente le parole e/o non è in grado di scrivere, è giusto che riceva le giuste attenzioni da parte di insegnanti e genitori.
Percorso diagnostico: il supporto degli esperti alle famiglie
Nell’individuazione di un possibile disturbo dell’apprendimento, svolge un ruolo fondamentale la figura del pediatra, il quale è capace di rilevare i segnali clinici ed indirizzare la famiglia verso un percorso diagnostico.
Ad effettuare la diagnosi, solitamente, è il servizio di neuropsichiatra infantile dell’ASL di riferimento, in particolare un’equipe composta dal neuropsichiatra infantile, dallo psicologo e dal logopedista. Nell’effettuare la diagnosi solitamente si tiene conto non solo delle difficoltà del bambino, ma anche dei dati anamnestici, degli aspetti comportamentali, emotivi e socio-comportamentali.
Linee di intervento: i benefici introdotti dalla Legge 170/2010 nel contesto scolastico
Una volta ricevuta la diagnosi, i genitori possono usufruire della Legge n. 170 dell’8 ottobre 2010 concernente “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico” che sottolinea l’obbligo delle istituzioni scolastiche di introdurre strumenti compensativi, come ad esempio le tecnologie informatiche, e misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere. Il tutto viene specificato nel Piano Didattico Personalizzato che viene redatto dalla scuola e firmato dai genitori, spesso in seguito alla visione da parte di uno specialista.
Per i genitori però non è semplice prendere dimestichezza con gli strumenti ed aiutare i propri figli a casa, in quanto a questi ultimi va dato un metodo di studio che consenta loro di affrontare le proprie difficoltà.
In questi casi è bene rivolgersi ad un tutor dello studio, il quale deve assolutamente avere competenze specifiche riguardo ai disturbi dell’apprendimento, comprendere quali siano le attività necessarie da svolgere, entrare in empatia con il bambino e strutturare quindi un percorso personalizzato che possa mirare all’autonomia del bambino stesso.
Da precisare che il tutor non si sostituisce alla figura dell’insegnante del doposcuola, che spesso rispiega quanto studiato in classe, fa svolgere i compiti e li corregge.
Trattandosi di disturbi di natura neurobiologica, il problema permane per tutto l’arco di vita.
Il riconoscimento precoce e un intervento tempestivo possono, però, fornire al bambino strategie e tecniche valide per contenere gli effetti negativi. Inoltre, la consapevolezza delle difficoltà e l’utilizzo di strategie per affrontarle limitano la frustrazione e la ridotta efficacia.
In alcuni casi è però possibile recuperare alcuni aspetti della lettura, della scrittura e del calcolo, anche se i processi di apprendimento non possono mai essere considerati come perfettamente automatizzati.
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