Ciò che suggeriva il giurista napoletano Giambattista Vico a proposito della storia, ovvero dei cosiddetti corsi e ricorsi storici, è facilmente riconducibile al ciclo della vita umana che procede mantenendo dei punti fermi i quali, a volte, possono risultare il più grande ostacolo alla piena realizzazione dell’individuo.
La coazione a ripetere è un processo inconscio e, in quanto tale, non facilmente riconoscibile ad uno sguardo superficiale che è portato sempre ad interpretare i piacevoli o, più sovente, meno piacevoli avvenimenti conseguenti a siffatto processo, comportamentale e di pensiero, come un caso fortuito.
Le azioni compiute, la strada che si decide di imboccare di fronte ad un bivio, pur sfuggendo all’attenzione e all’esaminazione dei più, sono gli indici che, man mano, conferiscono alla persona un’immagine di sé; vanno valutate le azioni che, portate a conclusione, hanno incrementato benessere e crescita, per quanto difficili possano essere state e quelle che hanno ottenuto sul soggetto l’effetto contrario, per capire quali sia giusto perpetuare, cioè quelle che identificano e contribuiscono a realizzare e assecondare l’unicità dell’individuo.
Questo è ritenuto uno dei vari modi più efficienti per la conoscenza di se stessi, fondamento alla base dell’esistenza, la cui importanza, riconosciuta fin dall’antichità, è chiaramente manifestata dall’ iscrizione riportata sul Tempio di Apollo a Delfi: “γνῶθισεαυτόν” (conosci te stesso).
I vari intoppi che possono sorgere durante il percorso di conoscenza e che possono rivelarsi causa di una rappresentazione distorta (spesso negativamente) che il soggetto pensante si figura del proprio essere riguardano, per lo più, l’espressione, attraverso l’attività mentale e pratica, della coazione a ripetere che può risultare un’arma vincente per alcuni e un veleno per altri.
Il sostantivo utilizzato “veleno”, inoltre, è scelto di proposito; esso, infatti, deriva dal latino ‘’venenum’’ che significa, allo stesso tempo, medicina e bevanda mortale a dimostrazione che l’ostinata ripetizione di azioni di autosabotaggio appaiono a chi le compie come l’unica medicina in grado di curare ma, nei fatti, si dimostrano una pozione distruttiva.
Al cospetto di ogni situazione l’uomo è portato ad agire sempre ugualmente perché ciò richiede meno sforzo, a livello cerebrale, che se si dovessero trovare dei nuovi modi più efficienti, soprattutto per quel che riguarda la risoluzione di un problema.
Gli esempi replicati sono quelli che il bambino osserva nelle prime fasi della sua vita i quali, soprattutto se messi in atto da persone da lui ritenute autorevoli e giuste (come i suoi genitori), riterrà i modelli di comportamento da seguire; dopo non molto, li farà automaticamente suoi e non potrà farne a meno perché convinto, erroneamente, che siano parte della sua essenza.
Ciò che è stato, dunque, continua ad essere e solo con introspezione e un penetrante sguardo rivolto ai primi momenti della propria infanzia la catena, con difficoltà, potrà essere spezzata; tuttavia, a maggior ragione se, come è giusto che sia, si considera la salute mentale al pari di quella fisica, prevenire è meglio che curare e l’unico modo per farlo è attraverso la presa di coscienza della risonanza che le prime fasi dell’esistenza di un individuo hanno su tutto il resto della vita.
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