Sebbene le emozioni ci accompagnino per tutta la vita, la maggior parte di noi fa una gran fatica sia a dargli una definizione, sia nel riconoscerle.
Spesso, in modo erronea, pensiamo differenziamo le emozioni dividendole in “buone” o “cattive”. La maggior parte dei teorici, definiscono le emozioni come un fenomeno complesso ed articolato che avviene nell’individuo in seguito ad una stimolazione ambientale.
Andando nel dettaglio, l’emozione porta all’individuo una valutazione cognitiva, un’attivazione fisiologica, una tendenza all’azione e l’azione vera e propria. Il tutto, come detto, viene causato da un fattore ambientale, che prende il nome di antecedente.
Volendo fare un esempio, immaginiamo di passeggiare per strada e di incontrare un leone (antecedente). In prima battuta ecco scattare in noi una valutazione dell’evento: ad esempio valutiamo se siamo in pericolo oppure no (valutazione cognitiva); ci sarà poi una risposta da parte del nostro corpo (sudorazione, cambiamento del colore del viso, battito cardiaco accelerato) che porterà prima ad una tendenza all’azione (ovvero pensare se scappare) e poi ad un’azione (scappare, per l’appunto).

Ovviamente questo processo è molto veloce e nella maggior parte dei casi è del tutto inconsapevole, in quanto la sua funzione è quella di farci reagire al migliore dei modi alle tante stimolazioni che riceviamo dall’ambiente e non solo, visto che le emozioni possono insorgere anche in seguito ad una stimolazione interna, come ad esempio un pensiero o un ricordo.
Per definizione le emozioni sono fenomeno intenso e di breve durata, ma spesso è difficile individuarne un inizio ed una fine chiara, altre volte invece non è facile capire la loro intensità.
Nella vita quotidiana insorgono in noi diverse emozioni. Negli anni 50 lo psicologo statunitense Paul Ekaman condusse un importante studio per identificare le emozioni comuni a tutti gli esseri umani, mostrando le espressioni facciali delle emozioni a persone cinque gruppi culturali differenti (Cile, Argentina, Brasile, Giappone e Stati Uniti).

Alla fine di questa ricerca egli identificò le emozioni “primarie” (rabbia, paura, tristezza, felicità, sorpresa e disgusto) dette così perché sarebbero uguali e diffuse in tutte le culture. In seguito individuò altre emozioni (come ad esempio ansia, vergogna, colpa, imbarazzo, disprezzo, ecc.), dette “secondarie”, in quanto non sono presenti in tutte le culture.

Infine, possiamo affermare che non esistono emozioni positive ed emozioni negative, in quanto tutte le emozioni sono fondamentali per la vita di ognuno di noi, dalla più piacevole alla più sgradevole, perché la loro funzione è “adattiva”, cioè servono per adattarci al contesto in cui viviamo.
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