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Conversazione con Marcello Rubino, l’attore-regista al servizio degli interpreti

 

«L’ego dell’attore mi annoia profondamente: voglio comunicare, insegnare. Soprattutto ai ragazzi»

Marcello Rubino, attore e regista 

Barese doc., dal momento che è anche innamorato del mare, Marcello Rubino si definisce pienamente teatrante, poiché vive per il Teatro.

Come attore, dice di mettersi al servizio se chiamato per una fiction o un film. 

A proposito di set, ha lavorato con la regista Francesca Archibugi: la sua Storia, di cui stanno parlando tutti, incredibilmente rimanda al corto Il saggio di diploma, in cui ha recitato anche il nostro Marcello.

Ha di recente debuttato ne L’ultimo capriccio di Niccolò Paganini, opera scritta da lui.

Prossimamente, lavorerà nell’ambito di un importante progetto di sensibilizzazione teatrale in carcere: se Rubino ci ricorda che la verità è in ognuno di noi e differisce per questo, allora ciò, forse, non vale anche per l’umanità, a volte troppo nascosta?

 

Com’era Marcello da piccolo?

«Ero famoso perché mi mangiavo le penne al contrario ed ero sempre impasticciato d’inchiostro. Ho vissuto la mia infanzia al mare, perché mio padre possedeva un campeggio. Non parlavo con le persone, bensì coi sassi. E quindi giocavo, giocavo con loro».

Sei già partito con quell’idea di recitazione che è comunicazione, bravo! Quando il gioco è diventato anche mestiere?

«In adolescenza, perché ero un ribelle. Sono nato ribelle, strano, son scappato dai collegi, litigavo con i docenti e nella mia ricerca esistenziale mi son ritrovato, in occasione di un importante festival, a Sant’Arcangelo di Romagna. Tornai a Bari innamorato del mestiere dell’attore e cominciai a frequentare il CUT, ovvero il Centro Universitario Teatrale a diciassette anni. Poi ho fatto l’accademia nella capitale ed ho avuto la fortuna di fare subito il professionista, anche a contatto con geni come Andrea Camilleri e Luca Ronconi». 

Perbacco, che personalità di spicco! Che difficoltà hai dovuto affrontare a Roma? Che ricordi hai intimi, umani di personaggi del genere? 

«Avevo la rabbia di uno che veniva dalla provincia, e per quelli come me all’inizio non fu di certo semplice. Mi sentivo diverso dagli altri. Da Camilleri ho ricevuto solo tanto amore. Vero». 

Qual è la tua concezione del fare regia?

«Innanzitutto, è bene ribadire che le regie non si fanno senza studio. Prima devi accumulare energia e ricaricare le pile. Inoltre, il regista deve mettersi al servizio degli attori. Non m’interessa pretendere da loro certi aspetti, ma scavare dentro di loro stessi affinché possano tirare fuori quello che non conoscono. E questo lo faccio soprattutto perché ho sempre lavorato sui miei limiti, che sono enormi. Dunque, capisco benissimo non sia facile lavorare su un altro fuori da sé stesso: ecco il motivo per cui insegno che non esiste un altro fuori da sé, ma quell’altro bisogna ricercarlo all’interno delle proprie esperienze».

Meraviglioso! Finalmente una riflessione nuova e fortemente sentita. Quindi, non solo l’attore deve essere al servizio dello spettacolo: anche il regista?

«L’attore deve essere al servizio anche dello spettacolo, ma prima di tutto lavorando dentro di sé e tirando fuori ciò che non conosce: è sempre una mediazione, una bilancia tra l’essere al servizio e lavorare su sé stessi, ma solo all’interno di sé stessi si può trovare una verità. Ammesso che esista…».

Che fantastica riflessione degna dei sofisti! 

«Non li conosco, non c’ho mai mangiato insieme (ride)». 

Qual è il tuo sogno nel cassetto?

«Il mio sogno nel cassetto è volare nell’acqua del mare…»

Un uomo di mare, un uomo di teatro: un uomo di arte e natura allo stato puro… grazie per le mille riflessioni Marcello!

«Grazie a te Christian!». 

Le foto sono state fornite dall’artista.

Per saperne di più, clicca al link sulla conversazione:

https://fb.watch/pOacnfBXXB/

© IL QUOTIDIANO ONLINE • 2024 RIPRODUZIONE RISERVATA

di Christian Liguori

Classe '97, storico dell'arte e docente laureato in Archeologia e Storia dell'Arte all’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dopo aver pubblicato il libro “Paolo Barca e la frantumazione della logica cerebrale umana”, un saggio di cinema sul regista Mogherini, ha maturato esperienze in svariati campi: dalla pubblicazione di articoli per un blog e una redazione online, a quella di filmati su YouTube e pagine Facebook; dalla partecipazione come interprete in spettacoli teatrali e cortometraggi, all’attivismo associativo per la cultura e l’ambiente. Già conduttore web-televisivo e radiofonico, è da sempre specializzato in recensioni di film. Curerà le rubriche "Le conversazioni di Liguori" e “Il Cinema secondo Liguori”.

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