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Matteo Messina Denaro e l’arte: il patrimonio artistico nell’occhio del mirino

Disseminare terrore e disorientamento: era questo l’intento di Matteo Messina Denaro, boss mafioso di Castelvetrano arrestato il 16 gennaio dopo trent’anni di latitanza. Il riferimento è agli attentati degli anni Novanta che colpirono gli Uffizi a Firenze, il Padiglione di Arte Contemporanea di Milano, le Chiese di San Giorgio a Velabro e San Giovanni in Laterano a Roma

Le stragi del 1993 furono precisi attacchi intimidatori al governo e ai politici italiani nell’ambito della trattativa Stato-Mafia di quegli anni.

Esplosero autobombe contenenti chili di tritolo e parcheggiate nei pressi di monumenti, che furono, così, fortemente danneggiati: a via dei Georgofili, sul lato corto degli Uffizi, furono colpiti il corridoio vasariano e la Galleria. Gli edifici non subirono crolli ma sfortunatamente molte opere furono danneggiate, in particolare circa 173 dipinti e 55 statue, che sono state restaurate nel corso del tempo.

L’esplosione distrusse parte della vicina Academia dei Georgofili, storica istituzione fiorentina degli studi di agronomia, e restituì in frammenti alcuni dipinti della Galleria degli Uffizi, quali Concerto di Bartolomeo Manfredi, Adorazione dei pastori di Gherardo delle Notti e I giocatori di carte di Bartolomeo Manfredi.

Presso via Palestro a Milano, invece, l’esplosione provocò ingenti danni all’edificio del Padiglione di Arte Contemporanea e alla vicina Galleria d’Arte Moderna. A Roma, infine, le due esplosioni avvennero a pochi minuti di distanza l’una dall’altra, provocando quasi il crollo del portico antistante la chiesa di San Giorgio e seri danni alla facciata settentrionale della basilica lateranense e gli edifici ad essa adiacenti, come il Palazzo del Vicariato, il Battistero di San Giovanni in Fonte e la Canonica Capitolare.

Momenti di terrore ancora oggi impressi nella memoria dei cittadini e delle istituzioni, che di quei giorni ricordano soprattutto la morte degli innocenti.

L’attacco ai monumenti è considerato da sempre un atto politico sconvolgente che ferisce lo Stato nella sua eredità storico-artistica, nella sua rappresentanza e nella sua più preziosa ricchezza. Che si tratti di devastazione o di saccheggio, entrambe imputate al boss trapanese, si parla ugualmente della distruzione di una identità. Già nell’antichità fenomeni di damnatio memoriae, di saccheggi, di iconoclastia, miravano a cancellare le tracce dell’identità culturale di una popolazione per imporre le influenze socio-culturali di chi andava affermando una nuova autorità. Dunque, colpire il patrimonio storico-artistico di un paese significa provocare una ferita profonda.

Matteo Messina Denaro, tuttavia, non si limitò a colpire monumenti di inestimabile valore, ma seguì anche le orme del padre nel traffico illecito delle opere d’arte: Francesco Messina Denaro, infatti, fu uno dei primi tombaroli a saccheggiare il parco archeologico di Selinunte. Celeberrimo è il caso dell’Efebo selinuntino, bronzo del V secolo a.C. portato via da Castelvetrano nel 1962 e recuperato a Foligno solo sei anni dopo grazie all’aiuto del ministro plenipotenziario ed esperto di ritrovamenti di opere d’arte Rodolfo Siviero.

Il figlio di Don Ciccio Messina Denaro non fu da meno: nel 1998 organizzò un colpo per il furto del Satiro danzante, reperto archeologico del IV sec a.C. attribuito alla scuola di Prassitele, ritrovato fortuitamente presso il canale di Sicilia da un peschereccio, e conservato presso il museo civico di Mazara del Vallo. Il satiro doveva essere rivenduto all’estero, precisamente in Svizzera, dove il boss aveva i suoi affari. Fortunatamente il piano saltò, poiché le misure di sorveglianza furono rafforzate giusto qualche giorno prima; successivamente la scultura fu trasferita presso l’Istituto Centrale di Restauro di Roma, scampando così  all’agguato.

Rodolfo Siviero dopo il recupero dell’Efebo di Selinunte

Figura importantissima nell’ambito degli affari della famiglia Messina fu sicuramente Giovanni Franco Becchina, imprenditore e commerciante d’arte, indagato già negli anni Novanta per traffico internazionale di opere d’arte: i tombaroli a servizio di Cosa Nostra saccheggiavano prevalentemente il sito archeologico di Selinunte, trafugando le opere più belle per poi spedirle all’estero. Dopo una procedura fallimentare condotta alla fine degli anni Settanta, Becchina emigrò in Svizzera, dove divenne proprietario della Galleria Antike Kunst Palladion, e nel frattempo trattò affari con realtà museali di nota fama. Nel 2017 furono ritrovati a Basilea ben cinque grandi depositi dal valore di oltre dieci milioni di euro. L’enorme archivio corredato di foto, che fu ritrovato dall’FBI e denominato dossier Becchina, registra infatti gli acquisti, i pagamenti dei tombaroli, i ritrovamenti clandestini, i trasporti e, soprattutto, gli affari con i musei più importanti del mondo, come il Paul Getty Museum, il British Museum, il Louvre, e così via.

Nonostante la confisca di una grande quantità di beni, un’altra cospicua parte risiede ormai all’estero, sicché molti dei pezzi archeologici registrati sono ancora in circolazione.

Se la distruzione del patrimonio è una minaccia per la nostra eredità storico-culturale, gli scavi clandestini e il traffico illecito rappresentano un male ancora più insidioso: al di là della perdita di pezzi archeologici e artistici dal valore inestimabile, lo scavo clandestino tende a cancellare quelle tracce importantissime che ricostruiscono la storia dell’oggetto e contribuiscono a delineare tratti sempre più chiari dell’identità di un popolo. Pertanto, anche dopo il loro eventuale recupero, la storia che viene restituita resta in ogni caso una storia a metà, che sfortunatamente non potrà più essere recuperata. 

Satiro danzante, scuola di Prassitele IV sec a.C., Museo civico Mazara del Vallo

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di Rosaria Esposito

Classe '96, diplomata al liceo classico "Cneo Nevio" di Santa Maria Capua Vetere (CE) e laureata in “Cultura e Amministrazione dei Beni Culturali” all’Università degli Studi di Napoli Federico II. A metà tra un approccio storico-artistico ed uno economico-gestionale, costruisce una figura professionale capace di muoversi nei campi della cultura, conservazione e valorizzazione del patrimonio. Dà un respiro internazionale al suo profilo studiando a Lille, tra il 2017 e il 2018, attraverso al Programma Erasmus+. L’esperienza di tirocinio extracurriculare presso il “Pio Monte della Misericordia” a Napoli la spinge ad iscriversi, nel 2019, al corso di laurea magistrale in “Archeologia e Storia dell’Arte”. Tuttavia, non abbandona il suo interesse verso la valorizzazione e la gestione: grazie all’associazione “Napulitanata”, studia da vicino dinamiche interne volte alla promozione culturale territoriale e la programmazione degli eventi che da sempre l’affascinano. Ambiziosa e curiosa è una grande amante dei libri e dei viaggi. Per lei la lettura ha un grande valore culturale: leggere significa avere sete di conoscenza, essere aperti al mondo e non essere mai stanchi di stupirsi. Curerà la rubrica “Pillole d’Arte”

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