Elegante, timido, raffinato: un tocco di classe con umiltà al cinema italiano lo ha dato dagli anni Settanta Renato Scarpa in qualità di caratterista.
Non solo film ma anche serie televisive, l’attore esordisce nella settima arte nel 1969 in un film dei fratelli Taviani (“Sotto il segno dello scorpione”), ma il primo capolavoro che lo vede partecipe, seppur in un piccolo ruolo, è quella mazzata al pubblico e alla società che si chiama “Un borghese piccolo piccolo” di Mario Monicelli, e con Alberto Sordi (1977).
Nello stesso anno interpreta una parte in “Suspiria” di Dario Argento e due anni dopo ne “Il giocattolo” di Montaldo e con Manfredi, ma raggiunge la sua popolarità negli anni Ottanta, a partire da “Un sacco bello” di Carlo Verdone.
Apprezzato per la sua simpatia, gli vengono assegnati sempre più ruoli da caratterista fine: piccoli, ma significativi.
Lo ricordiamo tutti, ormai, come Robertino di “Ricomincio da tre” (regia di Massimo Troisi, 1981) o per il ruolo del dottor Cazzaniga in “Così parlò Bellavista” (1984), film di De Crescenzo che lo ha consacrato definitivamente al successo popolare.
Negli anni Novanta è la volta di “Sud” di Salvatores e de “Il postino” di Radford e Troisi, quel capolavoro di poesia e dramma che consente di sintetizzare al meglio un bilancio commovente sull’interprete.
Perché Renato Scarpa, che ha continuato a recitare fino al 2019, ieri sera ci ha lasciato, ma lo ricorderemo sempre come quel felice ibrido di comicità e serietà che lo ha reso professionalmente impeccabile ed umanamente umile.
Fino alla fine!
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