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Pagani – Il medico Gerardo Torre in “prima linea” contro il Covid-19

Il medico paganese, dal mese di marzo, è andato in tantissime case di pazienti malati di Covid-19. Sono guarite, grazie a lui, ben 3.028 persone

Gerardo Torre potrebbe essere paragonato a un eroe moderno, anche se ai medici, tra cui Gerardo, non piacerebbe un simile sostantivo. Risponderebbero di non sentirsi eroi poiché svolgono il proprio lavoro. Gerardo ha militato e milita nel bel mezzo del campo di battaglia rischiando di prendersi “pallottole al Covid-19”, distinguendosi da chi ha preferito riposare in caserma, vedendo la guerra da lì.  Un vero stakanovista andando a casa di ben 3.028 persone malate di Covid-19, e il numero è destinato a crescere. Si sente dalle sue labbra tremanti il peso gravoso che porta sulle sue spalle, ciò nonostante continua per quel giuramento di Ippocrate. Un genuino anti conformista dall’idea dominante sostenendo che il medico di territorio è “la cura” al Covid-19. Conosciamo meglio le gesta di questa persona singolare. 

Perché è importante il medico di territorio?

«Non sono negazionista, lo stato epidemico c’è e porta delle conseguenze che comunemente conosciamo, tuttavia è indispensabile la presenza del medico territoriale perché così vanno affrontate le epidemie. Che cosa accade se un soggetto scopre di essere positivo? La prima cosa che fa chiama il medico. Il medico che cosa fa? Gli risponde con una terapia protocollare (tachipirina) che è sbagliatissima in quanto abbassa un antiossidante chiamato glutatione. Copre la sintomatologia ma dà una mano al virus di procedere. Questi due aspetti avviano a una polmonite interstiziale. La cosa importante è che il paziente venga valutato, dunque deve esserci il rapporto medico – paziente. Ciò l’ho capito soprattutto con la mia esperienza in Africa, tuttavia l’Italia ha investito sulle sedi ospedaliere, rianimative, senza voler capire di rafforzare la medicina di territorio (medici ambulatoriali e di primo soccorso). Ogni paziente che si beccava la forma virale andava automaticamente rassicurato poi guarito  dal proprio medico. L’esplosività della patologia non è stata frenata assolutamente. Quasi tutti i medici di territorio non hanno voluto visitare i propri pazienti, si sono chiusi negli ambulatori. Noi, oltre ai politici, abbiamo la responsabilità di più di 10.000 decessi in Italia. Ho curato ben 3.000 pazienti che stavano in uno stato di complicanza e ho usato terapie decise che hanno avuto la possibilità di riprendersi».

Perché ha scelto, rispetto ad altri suoi colleghi, di mettersi in “prima linea”?

«Ho semplicemente risposto a quella che è la mia missione; i medici hanno la possibilità di poter rischiare, ma quando vai a visitare una persona, che poi ti accorgi di non prenderti la forma virale, significa che sei uno di quei soggetti che ha un ottimo sistema immunocompetente. Non è questione di fortuna, ma di sistema immunitario. La scienza mediatica ha creato un grande guasto: ha ceduto il passo alla spettacolarizzazione mediatica anziché prestare attenzione a un aspetto squisitamente  d’indagine microbiologico».

Che cosa accade quando la vittima è malata di Covid-19?

«All’inizio del processo di attacco, che inizia coi sintomi, significa che il paziente è in uno stato infiammatorio. Significa che si infiammano le vie respiratorie (naso, gola, trachea) quindi occorre usare un antinfiammatorio. Se c’è una forma di infiammazione forte va usato il cortisone; la cosa importante è idratare il paziente tramite flebo».

Cosa ne pensa delle persone che hanno avuto il Covid-19 e poi hanno fatto il vaccino?

«Coi vaccini stanno facendo un’altra tragedia. Si stanno vaccinando tutti, anche quelli che si sono presi  la malattia. Abbiamo un sistema linfociti T dove i globuli bianchi vengono trasformati dal timo in linfociti di ricordo. In altre parole, se entra di nuovo il virus i linfociti T l’attaccano e producono di nuovo gli anticorpi. Quando entra un virus, che sia letale o meno, l’organismo produce una risposta di anticorpi (immunoglobulina) che rimane in sede e lentamente viene assorbito dall’organismo per non andare in circolo».

Che cosa ne pensa del vaccino domiciliare?

«Molti colleghi sono stati irresponsabili abbandonando migliaia di pazienti in stato di complicazione. Ora evidenziano la loro autoreferenzialità nel vaccinare la gente, sicura senza tratto patologico, per fare che cosa? Per mediatizzare l’evento».

Può raccontare la sua esperienza di quando è andato a casa di questi pazienti?

«I pazienti che ho visitato sono 3028 da marzo dell’anno scorso. Innanzitutto i pazienti hanno bisogno di essere rassicurati, visitati e curati. Perché la tragedia delle tragedie è che lo spazio mediatico è stato così esasperato e terrorista che chi si prende il Covid-19, va subito in uno stato di paura riducendo così al 50% la risposta immunitaria. La gente si sente morire un attimo dopo per le immagini che ha incamerato. Se fosse realmente così, ci dovrebbe essere una sorta di Peste bubbonica. I 1.000 pazienti, che ho visitato e curato, non hanno subito nessun processo di complicazione. La maggior parte delle persone quando mi chiama, mi dice dottore non mi dica niente, non mi sento bene ho chiamato il mio dottore ma non mi ha risposto proprio.  Quando arrivo a casa, mi immaginano vestito, come di solito per i dottori, come un marziano ma, in realtà, sto lì senza l’equipaggiamento. Mi chiedono se ho paura; io ho avuto paura nel mese di marzo, ora no. Nel momento in cui entro, la prima riflessione che mi sottolineano è di cambiare il proprio medico di base».

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di Marco Visconti

Classe '92, attualmente risiede a Pagani. All’Università degli Studi di Napoli Federico II, ha conseguito prima la laurea triennale in “Storia” nel 2015 e poi la laurea magistrale in “Scienze Storiche” nel 2017 con voto 110/110 e Lode. Ha partecipato al concorso di letteratura VII Premio internazionale “Giovanni Bertacchi” classificandosi come finalista con la poesia “Vita Nuova”. Ha scritto una intrigante silloge poetica, dedicata alle maschere e ai personaggi carnevaleschi più noti, per la collana poetica “Logos” vol. 25 edita da “Dantebus”. Una sua poesia è stata selezionata dal prestigioso catalogo “Arte in quarantena” organizzato da Paolo Liguori, direttore di TGcom24, e da Salvo Nugnes, curatore d’arte. Un'altra, invece, è stata selezionata per la "Pro Biennale" di Venezia organizzata da Vittorio Sgarbi. È giornalista pubblicista dal 22 luglio 2020 e ha scritto per “Vesuvio Live” e scrive per “Le Cronache” e "In Prima News". Promotore di significativi eventi culturali, tra cui un convegno sul beato Tommaso Maria Fusco realizzato il 1° dicembre 2019 nel Cenacolo di Beato Maria Fusco a Pagani. Attualmente insegna italiano e storia presso le scuole secondarie di secondo grado.

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