Etimologicamente, partendo dalla radice indoeuropea prach- “domandare, chiedere “, si passa per il latino prex / precis e si arriva al provenzale preguiera da cui l’italiano preghiera
Come si evince dalla sua etimologia, la parola preghiera è strettamente legata all’atto del chiedere. Pregare nel suo significato più generico vuol dire rivolgersi alla divinità, ma esistono due dimensioni della preghiera opposte.
Vi è la “preghiera di richiesta” tramite cui gli uomini si rivolgono alla divinità per chiederle un beneficio e la “preghiera di relazione” tramite cui ci si rivolge alla divinità per stabilire con essa un dialogo. Sostanziale è la differenza tra i due tipi di preghiera: con il primo, il soggetto prega la divinità per averne qualcosa in cambio, mentre con il secondo il soggetto invoca il dio per entrare in contatto con lui.
Alla luce di questa distinzione, è evidente come la vera preghiera sia la preghiera di relazione, mentre l’altra sia da intendersi come una richiesta soggettiva finalizzata all’ interesse personale in uno scambio del tutto analogo a quello commerciale dove si dà qualcosa per avere altro in cambio.
Pregare è un istinto insito nella natura umana affinché si abbia una guida in un mondo le cui leggi sono talvolta oscure.
Talvolta il pregare è un gesto che non cambia le cose, ma, modificando il nostro atteggiamento nei confronti delle cose, rende chi crede più forte e motivato.
Importante è onorare il divino, ma anche relazionarci a lui esercitando il pensiero. È pensando, infatti, che ci avviciniamo di più a ciò che è divino. A tal riguardo, i tedeschi usano un’espressione davvero efficace: Denken ist Danken, “pensare è ringraziare”.
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