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Sarno – Il dovere di ricordare a 23 anni dalla tragica frana

di Sonia Angrisani

Ricorre oggi il 23° anniversario dell’alluvione che, il 5 maggio 1998, provocò una delle più grandi tragedie italiane.

In poche ore una vasta colata di fango e detriti travolse alcuni centri abitati: oltre a Sarno furono coinvolti anche altri comuni salernitani, tra cui Bracigliano e Siano, e comuni di altre province, come Quindici (AV) e San Felice a Cancello (CE). Ben 160 morti, di cui 137 solo a Sarno, 3000 sfollati, 180 case distrutte e oltre 450 danneggiate. Nelle ore successive, morte, devastazione e tanti feriti furono trasportati presso il nosocomio sarnese “Villa Malta” prima che, nel pieno della notte, un’ultima frana travolgesse e inghiottisse anche l’ospedale che, oggi, sorge in un’altra zona e, proprio in onore delle vittime dell’alluvione, ha preso il nome di “Martiri di Villa Malta”.

Intanto non sono mancate le commemorazioni commosse di quella tremenda strage.

A Nocera Inferiore (SA), nel 2015, fu dedicato il piazzale di fronte al presidio ospedaliero “Umberto I” al medico Maurizio Marino e all’infermiere Enrico Battipaglia, in servizio presso Villa Malta quella tragica notte. Mentre, stamani, presso il Comune di Napoli si è tenuta la cerimonia di intitolazione di una strada, ubicata nel quartiere Secondigliano, in memoria del dottor Vincenzo Di Maro, vittima dell’alluvione durante l’orario di lavoro presso l’ospedale sarnese. Lo stesso sindaco della Città dei Sarrasti, Giuseppe Canfora, ha così voluto ricordare, con particolare affetto, il suo collega.

«Ci sono tragedie – sostiene il primo cittadino di Sarno – che non si dimenticano perché rappresentano ancora oggi una ferita aperta. Non può essere cancellato il gesto di coloro che persero la vita nel tentativo di salvare quella altrui. Il luogo in cui avvenne questo atto eroico, il vecchio plesso ospedaliero ubicato in via Pedagnali, emblema e simbolo di quella tragica notte, da 23 anni giace abbandonato, in parte distrutto dalla colata fangosa». Il sindaco Canfora, dunque, fa un appello alla Regione Campania e all’Azienda Sanitaria Locale: «La struttura deve essere ristrutturata e consegnata alla Città, sia per coloro che in quella struttura, da eroi, persero la vita, sia perché di proprietà dello Stato. L’abbandono in cui versa l’ospedale di via Pedagnali è una mancanza di rispetto dello Stato verso lo Stato stesso e verso le vittime. Lo Stato non può comportarsi con sciatteria e smemoratezza».

Ricorda quel tragico evento anche chi 23 anni fa era bambino, come il giovane sarnese G. P.: «Il 5 maggio del 1998 me lo ricordo molto bene: ho ancora le immagini impresse nella mente, anche se avevo solo 12 anni. Quel pomeriggio io ed alcuni miei amichetti stavamo giocando per strada; erano diversi giorni che cadeva una pioggia fitta e fina. Improvvisamente sentii un boato, vidi, poi, la valanga di fango e un’auto che, surfandoci sopra, scendeva giù. Sono stato salvato da mio padre, il mio eroe, che riuscì a tirarmi via per un soffio. Quel giorno ho perso tre miei amici; quel giorno diventai uomo. Ci sono immagini che restano negli occhi per sempre, fotogrammi di vita che si imprimono in una parte di testa e di cuore; ci sono anche attimi che si fermano, emozioni che restano sospese a mezz’aria. La tragedia di Sarno è anche tutto questo».

Il vecchio ospedale, la montagna, quegli attimi, il boato, le urla di dolore, la devastazione, poi, forse, il silenzio.

A chi resta rimane il dovere di ricordare.

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