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Le Matres Matutae: tra culto misterioso e matriarcato

Dei tanti tesori nascosti della Campania una delle collezioni più invidiate al mondo è la collezione di Matres Matutae conservata al Museo Campano di Capua, museo archeologico gioiello che splende sul suolo dell’antica Terra di Lavoro. Espressione di un antico matriarcato, esse rappresentano la divinità dell’Aurora, che dona la vita ed è madre di ogni cosa.  Un culto preromanico ancora poco chiaro e non ben decifrato che accresce notevolmente il mistero che si cela dietro queste statue, icone dell’affascinate approccio dell’uomo alla percezione della vita e della morte.

Raffigurate come keurotropoi, ovvero nutrici di fanciulli, esse si presentano assise e reggenti un cospicuo numero di infanti. Provengono dal santuario di Fondo Patturelli, i cui scavi sono stati condotti a partire dal 1845 e hanno lasciato ipotizzare l’esistenza di un santuario all’interno di una necropoli con un altare monumentale al quale vi si accedeva attraverso dodici scalini. Al centro doveva esserci una statua di culto in un’edicola, mentre ai lati del podio pilastrini e sfingi.

Il gran numero di esemplari rinvenuti, in particolare ben oltre centosessanta, ha suggerito la disposizione di queste statue a mo’ di corteo, verso un’unica statua-divinità, che differisce dalle altre proprio perché reggente un melograno e una colomba, simboli di fecondità e di pace. Rigide e austere dovevano essere espressione di un culto molto sentito nel campano, di cui gli esemplari oscillano tra il VI secolo a. C. e il II d.C.

Sebbene l’identità di Mater Matuta sia ancora poco chiara, è interessante notare come essa sia associata alla figura di Iovia, una divinità parallela a Giano pater matutinus, che la identificherebbe proprio come la personificazione dell’Aurora.

Ieratiche, autoritarie e magnifiche sono avvolte da una aura di mistero suscitando un’inconfondibile suggestione: come detto precedentemente l’identità di queste statue non è ancora chiara e molte sono state le interpretazioni. Alcuni hanno voluto identificarvi triadi divine, mentre altri divinità singole: come Diana Tifatina, il cui culto venerato alle pendici del monte Tifata; oppure Cerere, che bambina si trasforma in donna tutte le primavere, rappresentando per eccellenza la vita e la prosperità.

Ci sono, pertanto, anche alte interpretazioni che vedrebbero il culto connesso alla morte piuttosto che alla vita proprio per la presenza del santuario nella necropoli, in cui vita e morte sono interdipendenti: la stessa posizione assisa sugella un legame con il mondo degli Inferi, essendo metafora del passaggio dal mondo dei vivi a quello dei morti. Gli infanti allora non sarebbero tali, ma defunti accolti nell’Aldilà, e lo stesso melograno retto dalla dea dell’altare rappresenterebbe il frutto della morte e della rinascita per eccellenza.

Nonostante molti abbiano voluto vedervi delle divinità, l’interpretazione più comune le identifica come ex voto per propiziare un parto felice e sereno. Alcuni esemplari sono attestati anche nel Satricum e nell’antico Foro Boario, suggellando la diffusione di un culto italico identitario del campano e dell’Italia centrale che trova espressione anche nella cultura romana.  Interessante, infatti, è anche il legame con le antiche feste Matralia del 11 giugno, il cui rito prevedeva proprio l’allattamento di infanti.

Ecco come, dunque, antiche statue in tufo si tingono di un grande senso di mistero: il carattere materno sprigiona un senso di tenerezza anzitutto, curiosità ma anche una forte soggezione di fronte a tale maestosa dignità. Severe, dignitose e in origine dipinte, sembrano in qualche modo contemplare la maternità e la donna stessa, da sempre guardata con certo stupore e fascino proprio per la capacità di dare la vita.

È proprio la maternità che vogliamo omaggiare con questo articolo. In effetti, a fronte della festa celebrata il 9 Maggio dedichiamo il tema di oggi delle Matres Matutae a tutte le mamme: sono loro che nel dare la vita rappresentano il primo bellissimo mistero della natura…

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di Rosaria Esposito

Classe '96, diplomata al liceo classico "Cneo Nevio" di Santa Maria Capua Vetere (CE) e laureata in “Cultura e Amministrazione dei Beni Culturali” all’Università degli Studi di Napoli Federico II. A metà tra un approccio storico-artistico ed uno economico-gestionale, costruisce una figura professionale capace di muoversi nei campi della cultura, conservazione e valorizzazione del patrimonio. Dà un respiro internazionale al suo profilo studiando a Lille, tra il 2017 e il 2018, attraverso al Programma Erasmus+. L’esperienza di tirocinio extracurriculare presso il “Pio Monte della Misericordia” a Napoli la spinge ad iscriversi, nel 2019, al corso di laurea magistrale in “Archeologia e Storia dell’Arte”. Tuttavia, non abbandona il suo interesse verso la valorizzazione e la gestione: grazie all’associazione “Napulitanata”, studia da vicino dinamiche interne volte alla promozione culturale territoriale e la programmazione degli eventi che da sempre l’affascinano. Ambiziosa e curiosa è una grande amante dei libri e dei viaggi. Per lei la lettura ha un grande valore culturale: leggere significa avere sete di conoscenza, essere aperti al mondo e non essere mai stanchi di stupirsi. Curerà la rubrica “Pillole d’Arte”

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Un commento

  1. Ottima professionalità

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