CHE COS’È IL GLOBAL GENDER GAP E COM’È LA SITUAZIONE IN ITALIA?
A livello mondiale, secondo l’analisi annuale del World Economic Forum sul Global Gender Gap, nella graduatoria diffusa nel 2020, l’Italia si colloca al 76° posto su 153 Paesi, un punto in più rispetto al posizionamento del 2006. L’indice tiene conto delle disparità di genere esistenti nel campo della politica, dell’economia, dell’istruzione e della salute. In questa statistica a penalizzare l’Italia è principalmente la difficoltà a raggiungere la parità di genere nel mercato del lavoro, come evidenziano i dati sull’opportunità per le donne di partecipare all’economia del Paese a cominciare dal tasso di occupazione.
Una parità che è stata maggiormente rallentata dalla pandemia, che ha avuto un impatto sproporzionato sulle donne. Infatti, ci sono degli elementi che emergono da uno studio dall’ultimo rapporto pubblicato dall’Istat: la percentuale di donne che ha perso il lavoro nel 2020 è stata doppia rispetto a quella dei maschi; il divario occupazionale di genere che si era creato durante il lockdown non è stato colmato e nemmeno si è ristretto nei mesi successivi; le donne risultano più penalizzate anche nelle nuove assunzioni; le donne sono la categoria ad aver registrato il minore numero di reingressi nel mercato del lavoro; per le lavoratrici che sono riuscite a trovare lavoro è stata più dura riuscirci, impiegando 100 giorni in media, 21 giorni in più rispetto al 2019.
Tutti elementi che andranno a incidere negativamente sulla competitività dei paesi a livello globale in quanto dall’analisi del WEF emerge l’esistenza di una correlazione tra il gender gap di un paese e la sua competitività nazionale, dal momento che le donne rappresentano la metà del talento potenziale di un paese, la competitività nel lungo periodo dipende significativamente dalla maniera in cui ciascun paese sfrutta in modo equo le competenze di tutte le risorse umane, comprese le donne.
COSA COMPORTA AVERE UNA PARITÀ DI GENERE NEL MONDO DEL LAVORO?
È tempo che la società inizi a programmare azioni a sostegno dell’inserimento delle donne all’interno del mondo del lavoro poiché le aziende guidate sia da donne che da uomini in maniera paritaria presentano indici di rendimento positivi. Le aziende con almeno tre dirigenti donne hanno un aumento mediano del ROE (Return on equity) superiore di 11 punti percentuali in cinque anni rispetto a quello delle aziende senza dirigenti donne. Le aziende con almeno il 30% dei dirigenti donne hanno un aumento del 15% della redditività rispetto a quelle senza dirigenti donne. Basta una sola donna in più nella leadership per aumentare il rendimento di una azienda da 8 a 13 punti base. Non c’è più tempo per soluzioni improvvisate. Bisogna agire con celerità e concretezza attraverso un piano strutturato affinché ci sia un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro.
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