Mentre le Olimpiadi estive sono attese e seguite da sportivi, appassionati di sport e non solo, le Paralimpiadi passano generalmente più in sordina, considerate forse più un’appendice delle Olimpiadi che una manifestazione autonoma; eppure sono la più autentica espressione dei valori sportivi per eccellenza: inclusione, partecipazione e costanza.
Svoltisi per la prima volta a Roma nel 1960 sotto il nome di “Giochi Internazionali per paraplegici”, con 400 atleti da 23 Paesi, i Giochi Paralimpici hanno ottenuto sempre più attenzioni da parte del mondo dello sport, arrivando, nell’edizione di Tokyo 2020, a ospitare 22 discipline che hanno coinvolto oltre 4.500 atleti provenienti da 163 Nazioni.
Un grande trionfo per i nostri 115 Azzurri: la delegazione più numerosa di sempre, composta da più donne che uomini, ha regalato all’Italia un bottino di 69 medaglie, il più copioso raggiunto lontano dal Bel Paese. Spicca sicuramente il podio tutto tricolore nell’atletica leggera: i 100 m della categoria T63 letteralmente monopolizzati dall’Italia con l’oro di Ambra Sabatini, l’argento di Martina Caironi (già argento nel salto in lungo T63) e il bronzo di Monica Contrafatto. Quest’ultima, prima donna italiana insignita della Medaglia al valore dell’Esercito per l’attentato talebano in Afghanistan che, nel 2012, le costò l’amputazione della gamba destra, ha dedicato la sua medaglia proprio a quella terra: un Paese che le ha dato tanto e che le ha tolto qualcosa, come rivela ai microfoni della RAI.
Ci emozionano, le storie dei nostri atleti paralimpici; ci ricordano di valori purtroppo spesso impolverati. Ma le Paralimpiadi rappresentano quel mondo diversabile che gli italiani guardano da lontano, senza avvicinarsi e con la coda dell’occhio; un mondo su cui non si pongono domande e che non provano a impegnarsi a conoscere. È il mondo di Oscar Pistorius, di Marcus Rem, di tutti gli atleti che hanno contribuito a rendere celebre il movimento paralimpico, ma non solo. È anche il mondo di chi trova immotivatamente occupato un posto auto riservato ai disabili, oppure di chi si trova a passeggiare in sedia a rotelle su un marciapiedi totalmente dissestato e privo di scivoli.
Ognuno di noi convive con le proprie disabilità: alcune sono più visibili, altre si confondono coi difetti ed è più facile che passino inosservate agli occhi dei più distratti. Se magari tutti ammettessimo le nostre debolezze, probabilmente accoglieremmo finalmente le diversità – tutte le diversità – per valorizzarle e non per additarle.
Non è mai troppo tardi per progettare un mondo senza barriere.
Spirit in motion! (Spirito in movimento!)
Foto riprese dalla pagina Facebook del Comitato Italiano Paralimpico.
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