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“Aprire il vaso di Pandora”: meglio sperare che disperare

“Aprire il vaso di Pandora” rappresenta una metafora comune nel linguaggio colloquiale moderno e significa compiere un’azione apparentemente innocua, ma che risulta avere delle conseguenze negative su numerosi soggetti: in primis noi stessi.

Sebbene la frase sia molto comune, la genesi della metafora, risalente ad un mito greco, non è molto conosciuta.

Il titano Prometeo (“colui che pensa prima”), volendo rendere gli uomini indipendenti dagli dei, rubò con l’inganno il fuoco a Zeus per donarlo agli uomini.

Zeus, volendosi vendicare del furto subìto, incatenò Prometeo ad una rupe, presso la quale ogni giorno giungeva un’aquila a mangiargli il fegato; quest’ultimo, però, ricresceva durante la notte provocandogli un dolore senza fine.

Per punire gli uomini, invece, ordinò ad Efesto di plasmare una bellissima ragazza, Pandora (“tutti i doni” o “dono di tutti”), alla quale gli dèi, su ordine di Zeus, insegnarono e infusero ogni sorta di virtù.

Ermes, dopo aver dotato la giovane di astuzia e curiosità, venne incaricato da Zeus di condurre Pandora dal fratello di Prometeo, Epimeteo (“colui che riflette in ritardo”).

Epimeteo, nonostante avesse ricevuto l’avvertimento dal fratello di non accettare doni da Zeus, sposò Pandora e ricevette in dono anche un vaso da custodire e non aprire mai.

I due trascorsero insieme, felici ed innamorati, molto tempo, ma in Pandora crebbe sempre più il desiderio di sapere cosa fosse custodito all’interno di quel misterioso vaso. Spinta dalla curiosità, un giorno Pandora disobbedì ad Epimeteo ed aprì il vaso eseguendo inconsapevolmente l’astuto piano di Zeus.

Da esso fuoriuscirono tutti i Mali del mondo e si abbatterono sull’intera umanità. Sul fondo del misterioso vaso rimase solo la Speranza, non avendo fatto in tempo ad allontanarsi prima che il vaso venisse chiuso di nuovo.

Da quel momento l’umanità cominciò a soffrire e la terra divenne desolata ed invivibile.

Pandora decise allora di riaprire il vaso e di far uscire da esso la Speranza, permettendo al mondo di riprendere nuovamente vita.

Il mito, attraversando molte epoche e giungendo all’attualità, ci ricorda che, per quanto disincantati possiamo essere, ci è impossibile vivere senza speranza, cura per alleviare le lacrime e la sofferenza umana.

© IL QUOTIDIANO ONLINE 2021 RIPRODUZIONE RISERVATA

di Marianna Sorrentino

Classe '92. Divoratrice di libri e grafomane sin dalla tenera età. Classicista per formazione e per vocazione. Ama scoprire ed interessarsi a qualsiasi cosa riguardi la Letteratura, l’Arte ed i Mezzi Comunicativi. È un insieme di paradossi. Vulcanica, Riflessiva, ma anche Impulsiva. L'ironia ed il sarcasmo con cui “castigat ridendo mores” sono impressi nel suo DNA ed ama usarli per esprimere le sue idee rendendole leggere, ma nello stesso tempo pungenti. Curerà la rubrica “Ante Litteram”

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