Napoli. Un busto simile a quello di San Gennaro per la celebrazione del santo angioino e la propaganda della beata stirps
Ludovico d’Angiò: la rinuncia al trono per il saio francescano
La chiesa di Santa Chiara di Napoli, fondata nel 1310 e consacrata nel 1340, rivestiva un ruolo di notevole importanza nel medioevo angioino: in essa, infatti, erano custodite le reliquie di Ludovico d‘Angiò, figlio di Carlo II d’Angiò e Maria d’Ungheria.
Questi era uomo molto devoto e vicino all’Ordine francescano: ebbe, infatti, educatori francescani che incisero sulla sua formazione e sulla sua vocazione. Inoltre, nel 1290 lo colpì una grave malattia, per la quale sembrò essere ormai prossimo alla morte. Solo appellandosi a Dio e alla fede riuscì a salvarsi, con grande sorpresa degli stessi medici che lo avevano in cura. Da allora fece promessa di indossare il saio francescano: intraprese la strada della preghiera e della meditazione, divenendo suddiacono, sacerdote, francescano e poi vescovo di Tolosa nel 1296.
Così, dopo la morte del fratello Carlo Martello nel 1295, benché Ludovico fosse legittimo erede al trono, decise di rinunciarvi lasciando il Regno al fratello Roberto (a tal proposito celeberrima è la tavola di Simone Martini che raffigura Ludovico, in abiti vescovili, che lo incorona).
Fu molto vicino al popolo e ai bisognosi, rinunciò al lusso della vita di corte per la preghiera e la fede e morì appena ventitreenne. Dopo la sua morte nel 1297, fu canonizzato come santo nel 1317.
La presenza di un santo nella dinastia regnante diveniva simbolo di una grande devozione religiosa da parte dei sovrani e sanciva la santa alleanza tra la Chiesa e gli Angioini, da cui il titolo di dinastia benedetta, appunto beata stirps.
Il busto reliquario
Le reliquie di Ludovico da Tolosa erano custodite all’interno di un busto reliquiario in argento dorato, fatto realizzare presumibilmente negli anni trenta del Trecento, a seguito dell’istituzione della Festa della Traslazione delle relative reliquie nel 1326. Il busto doveva essere conservato originariamente in Santa Chiara, in una cappella dedicata a Ludovico e adiacente il presbiterio.
All’interno di questo doveva essere riposto il cervello, portato a Napoli nel corso del 1324, a seguito della canonizzazione e dei miracoli che erano stati segnalati a Marsiglia, in Provenza, luogo di sepoltura del santo.
Il busto, dotato della mitra e impreziosito di pietre, fu realizzato su emulazione di quello di San Gennaro, risalente al 1305 e commissionato da Carlo II.
Quest’ultimo è un’opera di oreficeria francese, oggi custodita nella Cappella del Tesoro del Duomo; è in argento dorato a grandezza naturale, contenente le ossa del capo del santo patrono. San Gennaro è vestito di una casula a collo alto, impreziosita di pietre preziose e gemme, ed è appoggiato ad una base ellissoide in argento cesellato, sulla quale sono raffigurate alcune scene del suo martirio.
Come il busto di San Gennaro, anche quello del Ludovico da Tolosa veniva portato in processione, in particolare in occasione dell’anniversario della sua morte e delle celebrazioni correlate alla corona.
Il rito del santo angioino, quindi, entrò a far parte del costume devozionale del clero partenopeo, prendendo spunto proprio dal culto di San Gennaro, santo patrono e figura di massima importanza per la città.
Studi recenti sul busto di Ludovico, infatti, dichiarano che il parallelismo santo patrono-santo angioino fosse mirato ad una propaganda politica, volta a sottolineare nel messaggio della beata stirps, la benedizione della Chiesa e la legittima sovranità di questi ultimi sul Regnum Siciliae.
A tal proposito, infatti, è bene precisare che a quel tempo la sovranità di Roberto d’Angiò era messa in discussione dal giovanissimo nipote Carlo Roberto D’Ungheria, figlio del fratello maggiore Carlo Martello (morto improvvisamente nel 1295), e legittimo erede al trono.
È in questo contesto che la canonizzazione di Ludovico e la sua celebrazione furono fondamentali per legittimare il titolo di sovrano concesso a Roberto: un titolo di cui egli stesso era stato investito e, precisamente, con la benedizione di un santo.
Fonti principali:
• Elisabetta Scirocco, La Chiesa napoletana del Corpo di Cristo: reliquie e processioni in (a cura di Vinni Lucherini) Reliquie e processione nell’Europa medievale, Roma Viella Libreria Editrice 2018, pp. 131-158.
• Vinni Lucherini, Introduzione. Le processioni di reliquie e lo spazio del sacro in (a cura di Vinni Lucherini) Reliquie e processione nell’Europa medievale, Roma, Viella Libreria editrice 2018, pp. 7-21.
• Vinni Lucherini, Il pane e le reliquie: la traslazione di Ludovico d’Angiò e la deroga agli statuti di Marsiglia in (a cura di G. Archetti) La civiltà del pane. Storia, tecniche e simboli dal Mediterraneo all’Atlantico, Atti del convegno internazionale (Brescia 2014), Spoleto 2015, pp. 1371-1401.
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