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La Monna Lisa del Prado: la copia coeva della Gioconda

Restaurata nel 2010 in occasione di una esposizione al Louvre, il ritratto di donna si scopre essere copia coeva della Gioconda. Il copista, forse un allievo del maestro, segue passo passo le correzioni di Leonardo

È indiscusso che l’opera più famosa al mondo sia la Gioconda di Leonardo da Vinci.

Questa è icona del Museo del Louvre, opera d’ eccellenza del maestro, simbolo dell’arte rinascimentale e simbolo della società borghese, più volte messa in discussione attraverso opere di reinterpretazione della stessa Gioconda nel corso del tempo, basti pensare alla sua declinazione dadaista con Marcel Duchamp, e quella pop-art di Andy Warhol, nel rifiuto dell’arte tradizionale nel primo, e la denuncia del consumismo nel secondo.

Realizzata da Leonardo da Vinci nei primi del Cinquecento è tutt’ora conservata al Museo del Louvre.  L’opera fu probabilmente cominciata a Firenze, per poi essere terminata durante il soggiorno francese presso il re Francesco I.

Proprio l’incompiutezza del dipinto e la mancanza di un documento notarile che attesti la specifica correlazione opera-committente, rende incerta l’identità della donna.

Vasari ci parla di un ritratto realizzato per Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, da cui deriverebbe poi il nome Gioconda; altri ipotizzano la figura di Isabella Gualandi, gentildonna napoletana e amante di Giuliano de Medici; secondo altri ancora si tratterebbe di Pacifica Brandani, amante di Giuliano in Urbino; o, infine, secondo la ricercatrice Carla Glori, la donna è Bianca Giovanna Sforza, figlia del Moro morta all’età di quindici anni a causa di un male misterioso.

Leonardo, Gioconda 1503-1505 Louvre

In effetti, la tesi della Glori sembrerebbero focalizzarsi su vari aspetti determinanti, come l’abito, che riporta la decorazione di spirali intrecciate, che sembrerebbe richiamare proprio l’ambiente sforzesco; ma soprattutto, lo sfondo, che pur essendo fantastico, trae ispirazione dal Castello Malaspina Dal Verme di Bobbio, territorio degli Sforza e in particolare modo del marchese Galeazzo Sanseverino, marito della donna.

Nonostante esistano diverse copie della Gioconda, soprattutto seicentesche, quella più preziosa è custodita al Museo del Prado di Madrid. Il dipinto, raffigurante un ritratto di donna, è stato restaurato nel 2010, riuscendo a riportare alla luce lo sfondo originario del dipinto, occultato dallo strato di pittura nero successivo.

Il quadro ha rivelato una incredibile somiglianza con quello del Louvre, tanto da considerarlo una vera copia.

Entrambe su tavola sono realizzate con materiali preziosi, che lasciano pensare ad una importante committenza.

Il motivo per il quale il reale sfondo sia stato occultato risulta incerto: probabilmente per ragioni estetiche, affinché il dipinto fosse più adatto all’esposizione in una galleria di ritratti; oppure, a fronte dell’incompiutezza dello sfondo che raffigura gli strati intermedi del paesaggio della Gioconda del Louvre, poi completata in Francia.

L’opera è stata attribuita a Francesco Melzi o a Gian Giacomo Caprotti, detto Salaì, anche se si pensi più al secondo che al primo, in quanto all’epoca del ritratto della Gioconda, il Melzi doveva ancora essere troppo giovane e inesperto.

Si tratta certamente di una copia coeva dell’originale poiché, nonostante il disegno attinga dal medesimo cartone, il copista interviene a mano libera in alcuni punti riportando le correzioni di Leonardo: come il contorno delle guance, delle dita, l’altezza del polso sinistro, le pieghe delle maniche, il contorno del collo e della vita.

L’essere copia, tuttavia, è dettata principalmente dal fatto che, mentre la Gioconda è il frutto di una costante sperimentazione dell’artista, quella del Prado presenta linee chiare e sicure a fronte dei rispettivi cambiamenti del maestro.

Per quanto riguarda l’arrivo del dipinto in Spagna, si pensa ai due scultori e medaglisti Leone e Pompeo Leoni che operarono a lungo presso le corti di Maria D’Ungheria, Carlo V e Filippo II. I due artisti, in effetti, secondo atti notarili dovevano essere in possesso del dipinto.

Leonardo da Vinci, Gioconda Louvre; Francesco Melzi o il Salaì, Gioconda Prado

© IL QUOTIDIANO ONLINE • 2021 RIPRODUZIONE RISERVATA

di Rosaria Esposito

Classe '96, diplomata al liceo classico "Cneo Nevio" di Santa Maria Capua Vetere (CE) e laureata in “Cultura e Amministrazione dei Beni Culturali” all’Università degli Studi di Napoli Federico II. A metà tra un approccio storico-artistico ed uno economico-gestionale, costruisce una figura professionale capace di muoversi nei campi della cultura, conservazione e valorizzazione del patrimonio. Dà un respiro internazionale al suo profilo studiando a Lille, tra il 2017 e il 2018, attraverso al Programma Erasmus+. L’esperienza di tirocinio extracurriculare presso il “Pio Monte della Misericordia” a Napoli la spinge ad iscriversi, nel 2019, al corso di laurea magistrale in “Archeologia e Storia dell’Arte”. Tuttavia, non abbandona il suo interesse verso la valorizzazione e la gestione: grazie all’associazione “Napulitanata”, studia da vicino dinamiche interne volte alla promozione culturale territoriale e la programmazione degli eventi che da sempre l’affascinano. Ambiziosa e curiosa è una grande amante dei libri e dei viaggi. Per lei la lettura ha un grande valore culturale: leggere significa avere sete di conoscenza, essere aperti al mondo e non essere mai stanchi di stupirsi. Curerà la rubrica “Pillole d’Arte”

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