James Ensor e la rappresentazione beffarda e grottesca della società di massa attraverso carnevalesche composizioni
A pochi giorni dal Carnevale, che porta con sé l’aria di festa e il gusto per il travestimento, risulta impossibile in questo spazio dedicato all’arte non ricondurre la mente alla figura di James Ensor: artista belga molto vicino al Simbolismo, vissuto tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, ricordato soprattutto per il gusto macabro e satiresco delle sue opere più celebri, in cui protagoniste sono proprio le scenografie carnevalesche e, per l’appunto, le MASCHERE.
Al pari dello spagnolo Francisco Goya, che denunciò i cambiamenti e le tensioni sociali del suo tempo attraverso impressionanti e macabre rappresentazioni, Ensor denuncia mediante composizioni grottesche e inquietanti un senso di insofferenza agli albori di una società di massa, in cui non vi fu spazio per la sua pittura innovatrice, curiosa e proto-espressionista. Questa, infatti, non fu del tutto apprezzata dalla critica e l’artista arrivò così a sentirsi incompreso e spettatore di una società caotica e conformista.

Cominciamo dall’inizio: figlio di padre inglese e madre fiamminga, nasce ad Ostenda e vive con i genitori, la sorella e la nonna materna che gestisce un negozio di oggetti preziosi e curiosi, quali maschere, conchiglie e souvenirs importati dall’Oriente. Appassionato alla pittura si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bruxelles, che tuttavia abbandona nel 1880 seguendo nuovi stimoli verso una pittura distante dalle rappresentazioni ideali, piatte o banali dell’ambiente accademico.
In un suo primo momento artistico si interessa molto al realismo di Gustave Courbet ( 1819-1877) e allo studio della luce di William Turner (1775-1851).
Comincia ad esporre in diversi circoli d’avanguardia di Bruxelles, ma le sue opere non sono sempre apprezzate e spesso rimangono nel silenzio dell’indifferenza o sono soggette a feroci critiche. Ben presto si unisce al gruppo de Les Vingt: un gruppo di artisti rifiutati dalle esposizioni ufficiali, aperti allo spirito eclettico e all’arte d’avanguardia. Tuttavia, anche in questo ambiente la sua pittura non ebbe sempre il successo sperato e i giusti riconoscimenti.
È in questo clima di delusioni e incomprensioni, oltre ai lutti della nonna materna e del padre verso la fine degli anni ottanta dell’Ottocento, che Ensor sviluppa il tema della maschera: in memoria dei souvenirs della bottega della nonna, la maschera diventa una decodificazione della realtà, il riflesso di una società di cui Ensor ne evidenzia tutti i difetti, l’ipocrisia e la mancata lungimiranza. Trae ispirazione dal grottesco di Goya e dai personaggi deformi di Bosch e Brueghel, rappresentando sempre più una percezione soggettiva del reale: anticipa l’espressionismo tedesco e abbraccia composizioni di ispirazione simbolista e decadente. Assieme alle maschere, infatti, compaiono tetri scheletri (spesso satiriche autorappresentazioni) che simboleggiano il memento mori, e che intensificano quel senso di inquietudine e irrequietezza della sua pittura. Raggiunge in questo momento artistico l’apice della sua creatività e libertà espressiva, lontano dagli schemi accademici o dai gusti convenzionali dei Salons.
Secondo recenti interpretazioni la maschera per Ensor rappresenta anche una sorta di escamotage per celare banalmente sé stessi al mondo: l’artista amava i travestimenti e le maschere, probabilmente perché nel loro aspetto spaventoso fungevano da scudo per nascondere e combattere il suo carattere introverso e insicuro. Tra le opere più rappresentative della produzione del pittore, in cui meglio affiorano il senso di insofferenza e incomprensione, si ricorda L’entrata di Cristo a Bruxelles nel 1889, in cui Ensor si immedesima nella figura del Salvatore che entra in città, accolto da una brulicante folla completamente indifferente e distratta dal caos carnevalesco, al fine di denunciare la sua condizione di artista incompreso che non trova né spazio e né meriti nella folla assordante. La città non si riconosce, nel dipinto infatti appare solo la massa, così ingombrante che sembra uscire dal quadro, travolgerci e schiacciarci, quasi a sottolineare ancora una volta il conformismo sociale che soffoca lo spirito di rivoluzione artistica a cui l’artista aspirava.
Infine, un altro dipinto rappresentativo è Ensor circondato da maschere: qui l’artista mostra sereno il suo volto, come l’unico autentico tra una moltitudine di fisionomie fantastiche e spaventose, di nuovo per sottolineare la sua unicità e originalità tra la folla.
Il meritato successo dell’artista arrivò solo nei primi del Novecento, quando i coniugi Lambotte acquistarono alcune delle sue opere. Attraverso una serie di esposizioni e l’acquisto di alcuni suoi dipinti da parte del Museo di Anversa, di lì a qualche anno il talento dell’artista fu riscoperto e di gran lunga apprezzato, tanto che negli anni Trenta del Novecento fu proclamato a Bruxelles Principe dei pittori, mentre in Francia fu nominato Grande Ufficiale della Légion d’Honneur.
© IL QUOTIDIANO ONLINE • 2022 RIPRODUZIONE RISERVATA