La vita umana è continuamente attraversata da passioni molto diverse tra loro. Le passioni ci pongono in una condizione di dipendenza da fattori esterni e ci impediscono, almeno in parte, di avere il pieno controllo di noi stessi
La parola “Passione” deriva dal latino passio, che trova la sua più antica radice nel greco pathos, da cui deriva il nostro termine italiano “patimento“. Il “patire”, radice da cui deriva il vocabolo “passione” allude proprio ad una condizione di passività, in forza della quale al soggetto capita qualcosa che subisce senza averlo decretato volontariamente.
Il termine Passione si contrappone ad “Azione”, condizione di piena attività del soggetto.
Un tentativo di disciplinare le passioni fu avanzato da un noto filosofo greco, Epicuro, che fece dell’atarassia, l’imperturbabilità, uno dei cardini della sua filosofia. Tale obiettivo non è stato né è concretamente realizzabile e, quand’anche lo fosse, non sarebbe in sé positivo.
Le passioni sia negative che positive sono elementi costitutivi del nostro essere al mondo e sarebbe del tutto utopico pensare di poterle rimuovere dalla nostra vita.
Credo sia importante provare a disciplinarle, nella piena consapevolezza sia della loro ineliminabilità che della loro importanza per la nostra esistenza.
Platone impiega, a tal riguardo, un’immagine significativa: la nostra anima è come un carro alato: l’auriga è la ragione, che deve procedere lasciandosi trainare da due cavalli, uno bianco e l’altro nero. Quello bianco simboleggia la parte spirituale della nostra anima, mentre quello nero simboleggia la parte passionale. L’auriga che non può fare a meno del cavallo nero per dare stabilità al carro, deve disciplinarlo affinché esso non si ribelli e non prenda il sopravvento.
Così accade nella vita dove è impossibile vivere senza passioni, ma occorre disciplinarle grazie alla ragione, cosicché non prendano il sopravvento. Importante è il giusto equilibrio tra ragione e passione, proprio come nella metafora della biga impiegata da Platone.

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