Alla riscoperta del gigante sommerso: giovani studiosi indagano sul tesoro nascosto sotto i nostri piedi
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Quanti di noi sanno che tra le due Nocera, dormiente, si trova un inestimabile tesoro archeologico, che attende solamente di essere studiato e, perché no, forse anche di essere riportato alla luce?
«Di quell’anfiteatro noi a Nocera ne sentivamo parlare da bambini, quando i nostri genitori e i nostri insegnanti ci raccontavano delle origini della nostra città. Di quelle cose che non sono sui libri, ma che hanno formato il contesto nel quale siamo cresciuti». Queste le parole, intrise di meraviglia e stupore, di Alessandro Di Liergo, giornalista RAI, condotto, da alcuni studiosi ed archeologi nocerini, nei cunicoli che portano al ventre del gigante sepolto.
Il servizio, andato in onda lo scorso sabato 8 gennaio, su Rai 3 nel programma del TGR “Mezzogiorno Italia”, ha messo in luce come, già a partire dalle porzioni visibili, si possa comprendere meglio l’importanza di una struttura tanto grande, da essere una delle più importanti, in Campania, durante tutta la dominazione romana, al pari di Pompei e Capua.
«Una mirata campagna di scavi preliminari e stratigrafici potrebbe chiarire alcuni aspetti delle dinamiche di interro e dello stato di conservazione dell’anfiteatro stesso» afferma Teobaldo Fortunato, già collaboratore scientifico della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Salerno e Avellino.
Il sogno è quello di riportare alla luce la magnificenza di un edificio che, se potesse magicamente parlare, ci racconterebbe di come i nostri avi ridevano e scherzavano, assistendo a temibili gladiatori l’uno contro l’altro e duelli efferati, anche se impari, tra bestie feroci e martiri cristiani. È lecito chiedersi il perché, ad oggi, si trovi sotto il livello stradale e, per di più, al di sotto di case, orti e anche un convento, quello francescano di S. Maria degli Angeli.
A questo quesito risponde ampiamente Giuseppe Sonetti, archeologo medievista nocerino, «è altamente probabile che nella seconda metà del VI sec d.C. l’anfiteatro fosse già dismesso e forse già interrato dai fenomeni alluvionali che interessarono l’area nel corso del tempo. Le strutture infatti, in parte dismesse, in parte interrate da eventi di carattere alluvionale, erano diventate le grotte dalle quali ricavare materiali edili, mentre le strutture portanti dell’anfiteatro divennero le solide fondamenta degli edifici sorti successivamente».
Sonetti continua, rimandandoci anche alla c.d. “Rotonda”: «Ecco perché Palazzo Ruotolo, le altre abitazioni e le mura del convento di S. Maria degli Angeli, conservano ancora oggi l’andamento curvilineo dell’antico anfiteatro. Nel VI secolo d.C. il grande riuso di materiali edili presenti nel Battistero Paleocristiano di S. Maria Maggiore, ci conferma come gran parte degli edifici pubblici fossero da tempo dismessi. Gli scavi effettuati alle spalle del Battistero nei pressi dell’ex foro Boario confermano tale situazione».
Grazie alla disponibilità dei frati francescani nel vicino convento e al prof. Pasquale Mazzarella, proprietario di una piccola cantina nel quartiere Grotti, i giovani avventurosi hanno dato a tutti noi la possibilità di osservare la grandezza del nostro passato, di toccare con mano la nostra cultura, e se ancora non bastasse, renderci, per l’ennesima volta, consapevoli di possedere una ricchezza inestimabile a kilometro zero, da saper valorizzare nel modo giusto.
Matteo Miriano, archeologo nocerino e presidente de “LAMIA Cultura”, startup in progettazione e marketing culturale-territoriale, sottolinea che «Il primo passo è compiere uno studio certosino su quello che ad oggi è visibile. Rendere fruibile il sottosuolo è possibile, anche se altamente complicato; tuttavia, esempi virtuosi e concreti ne abbiamo, se si pensa al teatro di Nerone, a Napoli, oppure a quello di Domiziano, a Roma. Ciò è possibile solo attraverso l’entusiasmo e la collaborazione di studiosi ed esperti della materia; dunque, assumendo un approccio scientifico e metodologico. C’è necessità di giovani che abbiano una visione progettuale aperta ed innovativa, come c’è anche bisogno di un maggiore e sistematico interessamento da parte delle istituzioni preposte, a livello territoriale e non».
Lavorare sul patrimonio culturale delle aree interne, come ribadisce anche Fortunato, è di vitale importanza se si vuole segnare una svolta concreta nell’ambito della valorizzazione turistica-culturale locale, nonché se si vuole tracciare il solco per le future generazioni di appassionati e studiosi della materia.
L’emozione esonda, dalle parole, dalle frasi scritte; ci lega ed accomuna nello stesso desiderio. Sosteniamo sempre i giovani, le loro competenze e i loro occhi pieni di sogni. Il viaggio non finisce qui.
© Foto di Massimiliano Iannone per la “LAMIA Cultura”
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