Eos o Aurora, “la dea delle rosee dita” per il colore rosa del cielo all’alba, era colei che, con il suo carro, portava le prime luci del mattino al mondo.
La leggenda narra che Eos ebbe molti amanti e fu Afrodite a punirla facendola continuamente innamorare degli uomini. Tra tutti, colui che amò più di tutti fu Titono, un bellissimo ed aitante pescatore troiano. Eos, notando ogni giorno allo spuntare dell’alba, Titono già operativo nel suo lavoro, spinta dalla curiosità, decise di conoscerlo.
Nacque tra i due un meraviglioso amore sospeso tra cielo, terra e mare, ai piedi dell’Olimpo.
Avendo una natura diversa, l’una divina, l’altro mortale, Eos supplicò il padre Zeus di rendere Titono immortale, dimenticando, però, di chiedere per lui l’eterna giovinezza. Con il passare degli anni, mentre Aurora rimaneva splendida e giovane, Titono cominciava a manifestare i primi solchi sulla pelle, diventando sempre più decrepito e malconcio.
Invecchiare e non morire mai: questa fu l’amara condanna che Zeus volle infliggere a Titono.
Eos, non sopportando più Titono, lo ripudiò e lo rinchiuse in una grotta sotterranea in cui Titono, tentando più volte il suicidio, agognava una morte che, in quanto immortale, non poteva appartenergli. Per mano della stessa Eos, si ebbe la trasformazione del povero Titone in cicala, animale simbolo della bellezza per gli antichi Greci.
Il mito mostra come la bellezza, in quanto effimera e fuggitiva, non possa essere il collante per un amore duraturo, sia esso divino o umano.

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