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Conversazione con Ivan Castiglione, l’attore che ama la Vita grazie all’Arte

«Per me i lavoratori dello spettacolo son tutti mentori, a prescindere dai grandi artisti». 

Ivan Castiglione, attore 

Amico di Roberto Saviano e tra gli ideatori di una versione teatrale di Gomorra, al momento della video-diretta, l’attore Ivan Castiglione, voce autorevole nel panorama dello spettacolo partenopeo nonché italiano che si è cimentato anche nella regia, era nella stessa città in cui vivo: a Torino.  

Tanti sono i lavori in cui ha preso parte, asserendo di aver sempre imparato qualcosa da tutti, ma è opportuno annunciare che la scorsa estate Ivan ha recitato in una pellicola con Francesca Einaudi ambientata a Potenza, con uscita a data da destinarsi, in quanto è in post-produzione attualmente. 

Ti ho trovato per caso a Torino, come mai sei qui? 

«Sono qui per vedere juventini soffrire da tifoso napoletano sfegatato (ride). Scherzi a parte, sono qui perché ho concluso le riprese di una serie tv per Sky, girata a TorinoTrieste Roma. È la seconda stagione de Il Re, diretta da Giuseppe Gagliardi. Tutto il cast è stellare, da Luca Zingaretti Isabella Ragonese».

Lo possiamo dire a gran voce, a questo punto, che Torino è veramente Città del Cinema. Tu quando e dove hai mosso i primi passi? A Teatro o nel Cinema? 

«Tutto è partito insieme, anche se un passo prima il Teatro. Napoli è una città in cui è molto facile incontrare il Teatro. Poi, però, per tanti anni ho lavorato a Un posto al sole».

Ah certo, la nota soap opera di successo in televisione, ricordo quando andava in onda su Rai 3.

«Sì, per sette anni c’ho lavorato. È passato tanto tempo, una vita fa, ma posso dire che per fortuna la mia carriera sul palcoscenico e sul set continua».

Vuoi citarmi un maestro di Teatro con cui hai lavorato e che ti ha insegnato molto?

«Giorgio Albertazzi. Ho lavorato con lui per il Teatro Stabile di Roma. È stato il mio Maestro, mi chiamava con affetto e simpatia Ciccio. Facemmo un Giulio Cesare e ricordo che andavamo a vedere cosa facesse prima di entrare in scena. Era sempre a debita vicinanza. Non invadeva mai, il che ti permetteva di ammirarlo e stargli accanto in maniera veramente naturale, imparando tanto. Aveva una grande capacità molto moderna di passare accanto alla verità dei suoi personaggi, in maniera molto profonda».

Tu, invece, come lo guardi un personaggio quando devi interpretarlo?

«Dipende sempre dal tipo di personaggio, a dire il vero. Parto sempre da un copione o da una sceneggiatura. Cerco sempre di non essere troppo sicuro, altrimenti non si sta creando molto».

Certo: il dubbio è il padre di ogni creazione. Tu sei giustamente, e professionalmente parlando, molto legato a Gomorra. Tuttavia, tante sono le critiche negative relative alla serie, poiché in molti la ritengono sbagliata, stereotipata e non al passo coi tempi. Sei d’accordo? 

«Non lo so. Credo sia, artisticamente e produttivamente parlando, una delle migliori serie italiane di sempre. In effetti, l’aspetto della denuncia sociale insito nel libro di Saviano e nel film di Garrone è sparito. Ma credo che sia anche voluto tutto questo. In ogni caso, non si può discutere sull’indubbia qualità dell’opera».   

Sempre a proposito di Napoli, tu hai lavorato con Mario Martone, anche in Qui rido io. Come ti sembra la strada tracciata da quest’autorevole regista?  

«L’incontro con Mario nasce nel 2004 durante i lavori per una serie su Pasolini. Mario ha una capacità di creare delle energie tali che anche un piccolo ruolo sei orgoglioso di interpretarlo. È un regista che ti prende e ti fa sviluppare la tua arte, ti direziona con grande garbo». 

E della grande attrice Claudia Cardinale che mi dici? 

«Claudia è stata una delle cose più belle che mi siano capitate. Una delle persone più semplici che io conosca, nonostante abbia sempre mille grandi aneddoti da raccontare, tra cui la cena con i Beatles. Ho fatto Lo zoo di vetro a teatro con lei, che interpretava mia madre. Ci sentiamo ancora, sono stato a casa sua a Parigi. È una grande star, una diva suo malgrado, poiché non l’ostenta mai». 

Ritornando al mondo del Teatro, vorrei sapere da Ivan Castiglione quanto sia veramente importante la dizione su un palcoscenico o nella settima arte. 

«Se devi fare uno Shakespeare o un Pirandello, devi recitare in un italiano corretto. Tuttavia, nel teatro contemporaneo se io parlo con la mia inflessione meridionale va più che bene. La dizione è importante, ma dipende anche dal tipo di spettacolo che tu fai. In Italia nessuno parla l’italiano, parliamo tutti con i nostri dialetti e accenti. Riuscire a rendere la naturalezza su un set o su un palcoscenico, comunque, è una grande abilità, anche perché con l’Arte assistiamo sempre a una ricostruzione tecnica della verità. Controllarsi e perdersi: è questo il bell’ossimoro dell’Arte della recitazione».

A Settembre è stato ospite de Le Conversazioni di Liguori Maurizio D’Agostino, con cui hai recitato nel bel corto Tra le 7 e le 8 di Mattia Trezza. Dal mio punto di vista, si è trattato di un ottimo omaggio alla Commedia all’Italiana. Maurizio ha detto che si è divertito tanto con te sul set, tu puoi dire altrettanto? 

«Maurizio è insopportabile (ride). Il corto adesso è ancora in giro per i festival, quindi non è disponibile online, per il momento. È davvero un bel lavoro, Mattia è un giovane regista con buon talento. Affronta una tematica importante, quella del viversi il presente (apprezzandolo) senza per forza essere ancorati al passato o al futuro, in maniera molto divertente». 

Cosa ti hanno insegnato il Teatro, il Cinema e la Televisione e cosa ti continuano a trasmettere?

«Fanno parte della mia vita. Dopo tanto tempo non riesco a pensare ad una vita diversa. Sono innamorato del mio lavoro, che mi fa innamorare della mia vita». 

Una splendida conversazione non avrebbe potuto trovare conclusione migliore di questa, così profonda. Grazie di cuore, Ivan!

«Le interviste si fanno in due, quindi è grazie ad entrambi se è ben riuscita. Grazie a te!». 

Le fotografie sono state estrapolate dal profilo Instagram dell’artista. 

Per saperne di più, clicca ai link sulla conversazione: 

https://fb.watch/iHvE2el6oL/

© IL QUOTIDIANO ONLINE • 2023 RIPRODUZIONE RISERVATA

di Christian Liguori

Classe '97, storico dell'arte e docente laureato in Archeologia e Storia dell'Arte all’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dopo aver pubblicato il libro “Paolo Barca e la frantumazione della logica cerebrale umana”, un saggio di cinema sul regista Mogherini, ha maturato esperienze in svariati campi: dalla pubblicazione di articoli per un blog e una redazione online, a quella di filmati su YouTube e pagine Facebook; dalla partecipazione come interprete in spettacoli teatrali e cortometraggi, all’attivismo associativo per la cultura e l’ambiente. Già conduttore web-televisivo e radiofonico, è da sempre specializzato in recensioni di film. Curerà le rubriche "Le conversazioni di Liguori" e “Il Cinema secondo Liguori”.

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