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Conversazione con Massimiliano Benvenuto, l’attore che insegna ad amare i confini

«Io non so se i confini vadano davvero abbattuti: l’importante è starci dentro per poterli comprendere».

Massimiliano Benvenuto, attore

Massimiliano Benvenuto è un attore, nonché un insegnante di teatro, che ama l’Arte a trecentosessanta gradi. Non solo: le sue origini di periferia torinese lo hanno portato ad amare sempre di più quegli ambienti e la sua città, nonostante una formazione e una vita ormai romane a tutti gli effetti.

Numerose le partecipazioni a serie di successo come Don Matteo, o a film di rilievo come Tre tocchi di Marco Risi. Non solo: costante il suo messaggio sui confini che, a detta sua, non vanno necessariamente abbattuti, ma compresi, affinché non diventino mai barriere.

Definiresti il Teatro un gioco?

«Assolutamente sì, il teatro è un gioco totale. Mio padre mi ha indirizzato a questa meravigliosa forma d’arte in un periodo in cui mi sentivo disorientato all’università. Andai al Teatro Regio di Torino per fare una comparsa e lì conobbi una cantante lirica. Doveva recitare in un’opera di Donizetti. Alla fine ci siamo innamorati».

Che meraviglia! Hai trovato l’amore a teatro. Tra film, fiction e serie hai lavorato con tantissimi interpreti, alcuni anche di spessore. Ce ne ricordi qualcuno e ci vuoi aggiornare su novità che ti stanno attualmente riguardando?

«Dall’alto di una fredda torre è un film che uscirà prossimamente di cui faccio parte. Nel corso della mia carriera ho avuto il piacere e la fortuna di lavorare con una gigante come Virna Lisi in Fidati di me. Era una donna tosta, ironica, viva, divertente, bellissima. Nel film prima citato, che uscirà nelle sale l’anno prossimo, vi recitano Vanessa Scalera ed Edoardo Pesce. È una storia tragica, molto forte. La pellicola nasce come opera teatrale e poi è diventata un lungometraggio prodotto dalla Lukyred».

A proposito del tuo progetto, invece, come s’inserisce in un discorso di integrazione multi-culturale?

«Ho creato personalmente il FineConfineFestival, unendo due realtà comunali dell’Italia meridionale: Orsara di Puglia e Montaguto Irpino. Questo festival è una riflessione sul concetto di confine attraverso l’Arte, cioè arti varie. È interessante unire due dialetti differenti, e quindi due culture differenti (Campania e Puglia), per portare, poi, in queste specifiche realtà artisti provenienti da varie parti d’Italia e d’Europa. È importante ed affascinante scoprire l’intimità di un confine. Solo così viene fuori un terreno comune di incontro e confronto, solo così cresce un senso di etica culturale, che possa stimolare soprattutto le nuove generazioni sull’importanza delle diversità, del dialogo, della conoscenza, della larghezza e della profondità dell’Arte. Il FineConfineFestival vuole mettere in luce l’empatia energetica che una qualsiasi manifestazione artistica può produrre, non tocca solo argomenti sociali o socio-politici».

Ti piacerebbe esportare anche a Torino questa bellissima iniziativa?

«Sì! Ormai da cinquantenne sto ritrovando sempre di più un legame con la mia città, pur vivendo da tanti anni nella capitale. Voglio restituire qualcosa alla città che mi ha cresciuto».

Com’è Torino?

«Identitaria, riconoscibile, appassionante, coinvolgente».

Come definiresti l’Arte di oggi?

«Spesso snob, distante. Invece, la sua vera natura è popolare».

Come possiamo avvicinare di più i giovani a questo fantastico mondo?

«Non saprei, non sono il genio della lampada. Tuttavia, sicuramente mettendosi accanto e stando in mezzo, non in cattedra, metaforicamente parlando. Bisogna stare insieme ai giovani, solo così, forse, li si può incuriosire».

Qual è uno dei più grandi insegnamenti che hai ricevuto a Teatro?

«Mi hanno detto di non preoccuparmi troppo della dizione, del linguaggio. L’autenticità del linguaggio, infatti, è fondamentale».

Al Cinema, invece?

«Devo tanto a Marco Risi, che mi ha insegnato come si possa lavorare meglio se lo si fa con semplicità ed empatia verso gli altri e il mondo».

Viva l’Arte allo stato puro, viva i confini: che non siano mai barriere, ma solo strumenti per unirci in fratellanza, come c’invitò a fare il grande Leopardi con la sua Ginestra. Complimenti ed in bocca al lupo per tutto!

«Grazie Christian, davvero, e crepi il lupo!».

Grazie all’artista per averci personalmente fornito le fotografie.

Per saperne di più sulla conversazione, clicca ai due link sottostanti:

https://fb.watch/gPAedPkLEn/

https://youtu.be/CFPtbNpPU9I

© IL QUOTIDIANO ONLINE • 2022 RIPRODUZIONE RISERVATA

di Christian Liguori

Classe '97, storico dell'arte e docente laureato in Archeologia e Storia dell'Arte all’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dopo aver pubblicato il libro “Paolo Barca e la frantumazione della logica cerebrale umana”, un saggio di cinema sul regista Mogherini, ha maturato esperienze in svariati campi: dalla pubblicazione di articoli per un blog e una redazione online, a quella di filmati su YouTube e pagine Facebook; dalla partecipazione come interprete in spettacoli teatrali e cortometraggi, all’attivismo associativo per la cultura e l’ambiente. Già conduttore web-televisivo e radiofonico, è da sempre specializzato in recensioni di film. Curerà le rubriche "Le conversazioni di Liguori" e “Il Cinema secondo Liguori”.

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