Ruotano attorno a tale figura una serie di encomiastici racconti, frutto di un processo di glorificazione dell’artista, che quasi sembrano imprescindibili dal definirlo tale. Eppure il suo ruolo sociale è sempre stato molto dibattuto nel corso della storia.
Fin dall’Antichità questi è stato soggetto ad una dicotomia tra la creatività e l’abilità manuale. In effetti, gli antichi greci giudicavano poco nobile lo sforzo fisico rispetto ad uno d’ingegno, di cui professioni illustri di impostazione letteraria e oratoria si avvalevano per guadagnarsi da vivere. Questa duplice essenza rende difficile e faticosa la sua ascesa verso il podio delle arti liberali.
Seppure nella Tarda Antichità assistiamo ad una serie di provvedimenti volti alla tutela giuridica degli artifices e la trasmissione della loro pratica alle future generazioni attraverso l’insegnamento, in funzione della proliferazione delle opere pubbliche, nel Medioevo l’artista assurge al divino: dapprima, l’associazione dell’artifex all’apostolo San Luca, la cui leggenda lo vuole ritrattista della Vergine; dipoi, la sua declinazione a messaggero di Dio, che si lascia ispirare come un poeta vate, tanto che Dante nel XI canto del Purgatorio osa per la prima volta paragonare il poeta all’artista: la stessa consapevolezza del proprio ruolo e delle proprie capacità conduce entrambe le figure a macchiarsi del medesimo peccato, la superbia.
Tuttavia, è possibile constatare che l’attuale concezione che noi abbiamo dell’artista è frutto dello splendore artistico cinquecentesco: chi più dei tre grandi pilastri del Rinascimento, quali Leonardo, Raffaello e, in special modo, Michelangelo può esimersi dall’aurea divina che accompagna il loro genio?
Un interessante excursus problematico, se pensiamo che la Cina del Medioevo ci aveva anticipato di qualche secolo: grazie alla religione buddista, l’arte viene considerata come una forma di meditazione e di contemplazione della natura, motivo per il quale il rango sociale dell’artista già allora era alla pari di un filosofo o di un poeta. Le stesse opere venivano realizzate in rotoli di seta e custodite in scrigni preziosi: non avevano lo scopo di adornare, quanto più di essere srotolati per guardarli e meditare.
Un’impostazione diversa da quella occidentale che trova in entrambe, finalmente, il coronamento nell’immagine dell’artista divino.
Ancora oggi la nostra percezione della storia dell’arte è debitrice di una serie di luoghi comuni legati proprio alla sua figura: l’enfant prodige, l’invidia degli dei, l’avarizia dei committenti, la competizione tra gli artisti, la persuasione dell’opera d’arte, …
Una visione distante da un approccio razionale e scientifico che giustifica e motiva determinate scelte di gusto. A fronte allora di questo scritto, con quanta difficoltà riusciamo noi a svestire l’uomo dal suo ruolo di artista?

San Luca dipinge la Vergine , Rogier van der Weyden,1440 Museum of Fine Arts Boston da Finestre su Arte, Cinema e Musica
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