Continua la visita al Museo Archeologico di Napoli alla scoperta di altri dei suoi tesori
La storia del MANN, museo tra i più antichi d’Europa, comincia in seno a Carlo di Borbone, che lavorò molto per la cultura durante il suo regno: non solo, infatti, promosse gli scavi delle città interessate dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., ma si occupò anche di creare quello che sarà il nucleo embrionale dell’attuale museo, ovvero acquisire parte dell’importante collezione Farnese, ereditata dalla madre Elisabetta.
L’attuale edificio, fino al 1777 sede dell’Università, fu individuato da Ferdinando IV per riunire la collezione vesuviana e quella Farnese; nel 1816 vi venne istituito il Real Museo Borbonico. Negli anni è stato arricchito da numerosi nuovi reperti e nel 1957 la quadreria venne trasferita al Museo di Capodimonte, così da rendere l’esposizione di natura prettamente archeologica.
Il Museo consta di numerose sezioni e collezioni: oltre a quella Farnese, che abbiamo già menzionato, e a quella egizia (di cui abbiamo parlato nel precedente articolo), si propongono la sezione preistorica e protostorica, quella epigrafica, la numismatica, quella delle gemme, quella dedicata alla Magna Graecia (dove si cammina su mosaici antichissimi muniti di copriscarpe). Una buona parte del museo è dedicata ai reperti provenienti dalle città vesuviane (affreschi, Villa dei Papiri di Ercolano, Tempio di Iside di Pompei, oggetti di vita quotidiana, Gabinetto Segreto, mosaici).
Oggi ci soffermeremo proprio sulla sezione dedicata ai mosaici vesuviani, utilizzati per la maggior parte come decorazione dei pavimenti.
Il Memento mori è uno degli “emblémata”conservati, una sorta di medaglioni inseriti nella pavimentazione. Databile al I secolo a.C. e ritrovato in una casa-bottega di Pompei, il nome che gli è stato dato è essenzialmente un monito: “ricordati che devi morire”, ma il tema della finitudine della vita non è l’unico trattato. A reggere un teschio dalle forme bislacche, infatti, è una livella che “pesa” da una parte uno scettro e un mantello di porpora, dall’altra un bastone e una bisaccia: il potere e la miseria che hanno lo stesso peso davanti alla morte. Sarà forse da questo mosaico che Totò fu ispirato per la sua celebre poesia ‘A livella?
Poco lontano dal Memento Mori, occupa un’intera parete La battaglia di Dario e Alessandro, un mosaico grandioso risalente al II secolo a.C., rinvenuto nella Casa del Fauno a Pompei. L’opera è conosciuta anche come La battaglia di Isso, perché immortala proprio un momento della battaglia in Anatolia tra Regno di Macedonia ed Impero Persiano, tra Alessandro Magno e Dario III, nel novembre del 333 a.C.
Nella parte sinistra Alessandro, in sella al suo cavallo Bucefalo; nella parte destra Dario. Il mosaico interpreta bene la confusione del momento, tra i cavalli in disordine e le lance che si stagliano al cielo: un attimo profondamente drammatico.
Al momento il Mosaico di Alessandro è in restauro ed è coperto da un telo con la sua riproduzione fotografica.
Alcune informazioni e le immagini sono state riprese dal sito www.mann-napoli.it
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