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Rione Sanità – Don Antonio Loffredo, il pastore della bellezza

Per inaugurare la rubrica “L’Altra Chiesa” ho deciso di raccontare la mia personale e significativa esperienza comunitaria, vissuta con i ragazzi di uno dei quartieri tanto popolari quanto problematici di Napoli.

Papa Francesco nella prima messa crismale del suo pontificato nel 2013 disse: “Il pastore deve avere l’odore delle pecore”. Questa espressione giustamente divenuta famosa è uno dei simboli della chiesa di Francesco. Il pontefice in diversi momenti e celebrazioni ha esortato le comunità religiose e in generale tutto il clero a farsi carico delle sofferenze delle pecore. In molte occasioni ha esortato la Chiesa ad essere “in uscita”, ad essere tra la gente e al servizio della gente. In questa dimensione alta della Chiesa che sta vicino a chi ha bisogno, che crede nei giovani e sa indicare la strada, si colloca la storia di Don Antonio Loffredo, parroco del rione Sanità di Napoli. Mi piace soprannominarlo il “pastore della bellezza”. Nel secolo delle apparenze in cui si fa un abuso della parola “bellezza”, in cui la bellezza molte volte viene snaturata, nella storia di Don Antonio e dei ragazzi del Rione Sanità la bellezza assume un valore profondo e significa dignità, lavoro, speranza. 

La bellezza della mia prima volta nel Rione Sanità e quell’incontro entusiasmante con Don Antonio

Mi ricordo lucidamente la prima volta che sono sceso nel Rione Sanità, non conoscevo nulla di Napoli e non sapevo la triste storia di quel quartiere. Guardavo tutto quello che mi circondava con grande meraviglia, stupore e senza pregiudizi. Mi venne a prendere alla stazione di Napoli Centrale, Mario Cappella, collaboratore di Don Antonio, che conquistò subito la mia simpatia. Appena saliti in macchina mi presentò il programma della giornata e mi aggiornò sulle ultime frenetiche attività di Don Antonio. In breve tempo arrivammo alle Catacombe di San Gennaro, patrono di Napoli, per la visita guidata che era stata organizzata. Al termine del giro turistico, entrai nella attigua Basilica, dove si tenne la presentazione del libro di un “pretaccio”, Don Virginio Colmegna, dal titolo “Non per me solo”. Mi sedetti tra il pubblico e individuai subito Don Antonio, circondato da un gruppo di sorridenti ragazzi che prestavano molta attenzione alle sue indicazioni. A moderare l’iniziativa era proprio Don Antonio che esordì raccontando l’incredibile storia del recupero dei luoghi del rione. Prima del 2008 quei luoghi erano nel più totale degrado e abbandono e, grazie alle grandi capacità manageriali del parroco della Sanità, sono tornati a rivivere in tutto il loro splendore. Da luoghi dimenticati, oggi sono uno dei poli culturali di Napoli. Le catacombe di San Gennaro (situate nel sottosuolo della collina di Capodimonte) insieme a quelle di San Gaudioso (ubicate sotto la chiesa di Santa Maria della Sanità) sono anche un simbolo di riscatto per gli abitanti del rione, che fino a pochi anni prima erano conosciuti sfortunatamente solo per la cronaca nera. Don Antonio non solo è riuscito a restituire al quartiere dei luoghi dal grande valore artistico e religioso, ma ha dato ai ragazzi della zona la possibilità di gestire direttamente quei beni. Attraverso la gestione di quell’inestimabile patrimonio, i giovani del quartiere hanno trovato lavoro e si sono altamente formati. Don Antonio ha cambiato la vita di molti di loro, dandogli la possibilità di seguire le proprie passioni, aiutandoli a completare gli studi e ad andare all’estero per imparare le lingue e fare nuove esperienze.

Don Antonio Loffredo e i ragazzi del Rione Sanità

Grazie a Don Antonio i giovani della Sanità sono tornati liberi di riscrivere il proprio destino. In questi anni nel rione sono nate tante realtà di assistenza sociale e animazione culturale che, dal doposcuola per i bambini alle lezioni di musica e di teatro per i ragazzi, si occupano della crescita e dell’educazione delle nuove generazioni.  Al termine della presentazione del libro mi spostai per la cena e il pernottamento nell’antico convento contiguo alla chiesa di Santa Maria nella Sanità, oggi divenuta una struttura ricettiva di pregio. Il convento, che una volta ospitava le celle dei frati, adesso è diventato un B&B gestito dai giovani della Cooperativa “La Paranza”. Ricordo che fu una bella serata ed ebbi modo di parlare a lungo con Don Antonio. Don Antonio è una di quelle persone che una volta conosciute difficilmente si dimenticano. Si potrebbe ascoltare per ore ed istintivamente si vorrebbe dirgli: “Don Anto’ c’è un posto anche per me? Ti serve una mano?” Perché con lui tutti si sentono accolti, tutti si sentono a casa. Basta camminare per pochi minuti insieme con lui nel rione per capire quanto la gente gli voglia bene. Tutta la bellezza che mi circondava, umana ed materiale, mi emozionò al tal punto che passai tutta la notte sveglio a leggere il materiale informativo che mi avevano regalato e ad elaborare tutte le immagini e i racconti di quella giornata. 

Per sapere di più sulla storia di Don Antonio e dei suoi ragazzi e per approfondire il lavoro di riqualificazione del rione Sanità vi consiglio di leggere il libro “Noi del Rione Sanità” di Antonio Loffredo, edito da Mondadori, e di guardare il documentario “La Paranza della Bellezza”, diretto da Luca Rosini, prodotto da Rai 2.

Ancora oggi quando ascolto la parola “bellezza” penso al grande lavoro di Don Antonio e ai suoi sorridenti ragazzi.

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di Sergio Claudini

Classe 2000. Dopo aver conseguito la maturità classica al Liceo Classico “G. B. Vico” di Nocera Inferiore, nel 2019 si iscrive alla facoltà di “Scienze dei Beni Culturali”, indirizzo archeologico, all’Università degli Studi di Salerno. L’amore verso l’arte e la bellezza in generale, lo ha spinto fin dai banchi del liceo a coltivare diverse passioni, prime fra tutte la lettura, la scrittura e il teatro. Muove i primi passi nel campo dell’attivismo studentesco, entrando a far parte del collettivo “Nessun Esclus”. Inizia ad occuparsi dell’organizzazione di eventi per sensibilizzare sulla discriminazione di genere, ma anche manifestazioni studentesche e proteste ambientaliste, tra cui quelle organizzate da “Fridays For Future”. Un laboratorio che lo ha condotto verso nuove realtà associative, tra cui, l’associazione “Ridiamo vita al castello”. Coniuga gli impegni scolastici con quelli associativi, cavalcando l’onda di una crescente passione che tuttora lo alimenta e gli dà la grinta necessaria per indignarsi e provare a cambiare alcuni aspetti della realtà che lo circonda. Per lui, i sogni non vanno depositati sottochiave in un cassetto, anzi, devono essere realizzati. Curerà la rubrica “Noi siamo Tempesta: parola ai 2000”

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