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La scelta delle relazioni: cosa c’è dietro?

Ogni giorno ci capita di relazionarci, discutere e confrontarci con diverse persone.
Genitori, amici, fidanzati/e, conoscenti e persone varie con cui scambiamo pensieri, idee e quant’altro.
Possiamo notare che ognuno di noi ha un modo di relazionarsi diverso rispetto agli altri, oppure altre volte ci chiediamo come mai non riusciamo ad avere una relazione soddisfacente con il partner mentre la nostra amica ci riesce?

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Per rispondere a queste domande, dobbiamo considerare il rapporto tra mamma e bambino, definito attaccamento. Questo legame è stato studiato da inizio ‘900, con Freud in prima linea: il padre della psicoanalisi, però, si limitò a riportare il tutto sugli istinti che regolano gli esseri umani.

Il primo a formulare una teoria completa sull’attaccamento è stato John Bowlby, psicologo, medico e psicoanalista britannico sul finire degli anni ’60 del secolo scorso in particolare mettendo insieme varie teorie e osservando soprattutto il rapporto tra madre e bambino.

Egli notò che i bambini non sono legati alla madre solo dalla ricerca del cibo ma anche da altre motivazioni intrinseche; l’attaccamento, cioè il rapporto che lega madre e bambino, è governato da ricerca di protezione, bisogno di serenità e di calore affettivo.

Qualche anno prima, Harlow sul finire degli anni ’50, aveva fatto un’interessante scoperta, infatti, provò a separare dei cuccioli di macachi dalle loro madri pochi giorni dopo la nascita per poi metterli in delle gabbiette in cui erano presenti delle madri “finte”, alcune delle quali erano dotate di un meccanismo che forniva il cibo, mentre altre erano ricoperte da un panno caldo. Harlow osservò che i cuccioli cercavano la madre “calda” piuttosto che quelle che offrivano il nutrimento. Questo studio ebbe un enorme importanza soprattutto perché si capì che ad essere importante non era tanto il soddisfacimento della fame e della sete bensì che c’erano anche altre variabili in gioco.

L'esperimento sulla relazione di attaccamento di Harlow
Come osservato da Harlow, la scimmietta cercava calore piuttosto che il nutrimento

Tornando agli studi di Bowlby, il medico identificò due tipi di attaccamento: sicuro o insicuro.

Avere un attaccamento sicuro significa sentirsi sicuri e protetti, mentre avere un attaccamento insicuro implica una moltitudine di emozioni discordanti (gelosia, dipendenza, irritabilità) verso la figura responsabile dell’accudimento.

Dal concetto di attaccamento Bowlby ha poi descritto il comportamento di attaccamento, il quale si attiva quando c’è separazione dalla figura primaria per essere poi disattivato con la nuova vicinanza.

L’attaccamento si manifesta solo con la figura che ci da accudimento, mentre il comportamento di attaccamento si realizza in condizioni diverse ma soprattutto con persone diverse (partner, fratelli, sorelle e amici).

L’attaccamento, quindi, si crea nella prima infanzia e può essere, come detto, sicuro o insicuro. La possibilità di avere un attaccamento sicuro fornisce al bambino una “base sicura”, che permette al bambino di separarsi dalla sua figura di riferimento ed esplorare il mondo esterno in totale tranquillità.

Crescendo il bambino interiorizza questi modelli di comportamento per poi riproporli in età adulta, in particolare quando si diventa genitori, ma anche nelle relazioni sentimentali e affettive.

È bene precisare che da adulti non si replicano fedelmente le relazioni di attaccamento sperimentate da bambini, piuttosto una loro rielaborazione, in quanto crescendo attraversiamo fasi (come ad esempio l’adolescenza) che contribuiscono ad una loro modificazione.

I primi legami, quindi, vengono rielaborati e riproposti anche “da grandi”. I bambini che ricevono cure adeguate e nascono con un attaccamento sicuro sperimentano gli altri come affidabili e disponibili, mentre quelli che non ricevono cure adeguate, sperimentando un attaccamento insicuro, tendono a sviluppare sentimenti i angoscia e rabbia nei confronti degli altri.

I quattro stili di attaccamento

Negli studi successivi sono stati individuati altri tipi di attaccamento, per un totale di quattro stili diversi (sicuro, insicuro-evitante, insicuro-ambivalente e disorganizzato). Senza andare nei dettagli, è possibile affermare che ogni stile si sviluppa in seguito a determinate condizioni e ad un determinato stile di accudimento da parte della madre.

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Come già detto, da adulti poi riproponiamo l’interiorizzazione e l’elaborazione dell’attaccamento quando ci approcciamo agli altri.

Se abbiamo avuto una relazione “sicura” con chi si prendeva cura di noi, riproponiamo le stesse relazioni anche con le persone a cui ci approcciamo. Di contro, riproponiamo relazioni poco funzionali se da piccoli abbiamo sperimentato un attaccamento “non sicuro”.

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di Antonio Siani

Classe '89, psicologo-psicoterapeuta, vive a Castel San Giorgio. Appassionato (non praticante) di sport, in particolare di calcio, nutre interessi anche per la lettura e per la musica. Dopo essersi diplomato presso il Liceo Scientifico “N. Sensale" di Nocera Inferiore, si iscrive alla facoltà di “Psicologia” dell’allora Seconda Università degli Studi di Napoli. Dopo essersi laureato, svolge diversi tirocini, tra cui, al Servizio Dipendenze di Cava de Tirreni, al Distretto di Salute Mentale di Nocera Inferiore e presso il Servizio di Psichiatria del nosocomio nocerino “Umberto I”. È durante queste esperienze che ha potuto conoscere le problematiche e i bisogni del territorio in cui vive. In seguito, si è occupato di formazione e di insegnamento, dando spazio anche ai campi estivi per bambini e ragazzi, esperienza che gli ha permesso una crescita non solo professionale ma anche e soprattutto umana. Attualmente si occupa di Disturbi dell’Apprendimento, Disturbi d’ansia, disturbi depressivi e autismo, oltre ad essere consulente psicoterapeuta presso una RSA della zona. Curerà la rubrica “ApertaMente”

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