Ha stravolto tutti la notte degli Oscar “Nomadland”, che ne ha riportati ben 3, tutti meritati: miglior film, miglior regia, miglior attrice protagonista.
Colori freddi della prima sequenza con la neve, il ghiaccio: lo si sente questo gelo addosso, il lungometraggio rivela sin dall’inizio la sua potenza espressiva declinata in sensorialità ed emotività intrecciate.
Colori freddi che s’alterneranno a seguire a colori caldi, perché la simmetrica ed equilibrata fotografia gioca con le atmosfere offerte dalla potenza visiva della natura, esaltata nella sua purezza e semplicità anche da una colonna sonora firmata da Ludovico Einaudi che si presta alla stessa linea ludica, tra mille sfumature differenti visive ed uditive.
Un lungometraggio giocato sui contrasti visivi e su quelli tra una scena e la successiva, nel solco d’un vortice dinamico che a tratti rallenta, perché così è l’armonia d’un percorso esistenziale non sempre facile, un viaggio perlomeno ripagato da due pilastri di cui non si smetterà mai di sentire la necessità, specie in questa società che viviamo: senso di Comunità e senso di Natura.
Avevamo tutti bisogno nell’era covidiana di “Nomadland” (2020, regia di Chloé Zhao), un lavoro fatto di dialoghi muti, silenziosi o parlati, sempre di grande genuinità e pregnanza semantica e messaggistica nella loro semplicità.
Ed è sempre in tal modo e con semplicità che il film diviene un’opera d’arte totale, volta contemporaneamente a raccontare un fenomeno oggi ancora molto diffuso nel mondo quale il nomadismo e celebrare l’eterna bellezza di una Natura il cui solo contatto intimo con essa ci salverà: e lo abbiamo sempre saputo, ma anche troppo spesso smarrito.
La McDormand, che interpreta il ruolo della protagonista, con la sua natura di donna forte, fragile, tenera e malinconica incarna la Natura stessa nella sua intima essenza, al mutare delle stagioni e degli agenti atmosferici qui grossomodo tutti presenti all’appello.
Via i panni che ci danno gli altri, che c’impone la società con i suoi falsi moralismi e le sue stupide convenzioni, via i vestiti spesso comprati online e la claustrofobia di pacchi e grandi magazzini industriali, via un garage pieno di ricordi di vita e d’amore, che però hanno bisogno di essere librati nell’aria per restare nel cuore, via il concetto stesso di dimora come luogo per vivere, quando poi non è necessariamente un modo per vivere meglio e più a lungo…
Via l’artificiale e su il naturale, con “Nomadland” si ha l’occasione di riscoprire se stessi e gli altri, di lasciarsi trasportare davvero da un viaggio chiamato Vita, che non è mai seriale: basta un camper e una via, la vita continua ciclicamente come il finale del film.
Perché tanto, “ci vediamo (tutti) lungo la strada”.
Valutazione: Capolavoro 🌟🌟🌟🌟🌟/🌟🌟🌟🌟🌟
© IL QUOTIDIANO ONLINE • 2021 RIPRODUZIONE RISERVATA